Gioia – Gv 15, 9-17
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Parliamo spesso della gioia del cristiano, ma rischiamo di incappare in qualche grosso fraintendimento. “Il cristiano è colui che sorride sempre” è un vecchio adagio che ascolto con rispetto e che mi fa pensare. Ma – nessuno si offenda – in definitiva lo credo falso: colui che sorride sempre non è un cristiano, ma uno che non pensa alla realtà della vita concreta, che spesso è dura, difficile, disorientante.
Gesù ha pianto, ha gridato e ha anche sorriso. Oggi, ad esempio, il vangelo ci propone un pezzo del suo “discorso d’addio”: le emozioni che aveva dentro non dovevano essere molto positive o speranzose. Eppure questo è l’unico luogo in cui parla di gioia. Probabilmente non aveva il sorriso quando diceva queste parole né era sereno, ma ciò non toglie che fosse gioioso.
Dunque gioia non significa sorridere sempre. Ma allora cos’è? Il brano di oggi ci suggerisce che gioia è crescere nella libertà, per riuscire davvero a “dare la vita per gli amici”. Questa libertà è la grande conquista, la vera umanità a cui tutti aneliamo: riuscire a non fermarci a noi stessi, ma fare ciò che riteniamo bello, giusto, autentico.
Questa gioia ci è donata in una forma grezza, come un seme che vuole crescere. A noi il cammino, stupendo e difficile, di diventare veri uomini e vere donne, persone capaci di seguire l’amore anche quando chiede gesti forti.