Gloria e unità – Gv 17, 1-11
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Spesso la bibbia utilizza la categoria della “gloria” come qualcosa di estremamente importante. Oggi Gesù la collega con quella dell'”unità”, altrettanto importante: “tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro”. Nella grande preghiera che Gesù comincia oggi, quella rivolta al Padre prima della passione, si costruisce un ponte tra questi due termini. E’ tutto molto bello, se non fosse che spesso ci sfugge il significato di entambe queste parole.
Se diciamo “gloria” ci vengono subito in mente squilli di trombe, vittorie trionfanti, tesori e ricchezze scintillanti. In realtà, più semplicemente, la parola “gloria”, in ebraico, si collega al “peso”, all’importanza, alla consistenza di qualcosa o qualcuno. “Glorificare”, quindi, significa “dare peso”, rendere concreto, dare “ciccia”, incarnare. Quando diciamo che Dio è glorificato in noi, significa allora che rendiamo concreto e visibile Dio nella e con la nostra vita: in altre parole, che stiamo imparando ad amare veramente.
Allo stesso modo, se parliamo di unità, spesso ci compare davanti qualcosa di estremamente compatto, unito, indivisibile, qualcosa di cui le parti non sono riconoscibili: è tutto unito, cioè è tutto attaccato! In realtà l'”unità” del vangelo, immagine di quella della Trinità, non è uguaglianza, né stare appiccicati, ma è consapevolezza profonda e autentica di essere una sola famiglia. Non si parla di omogeneità, che rende ogni cosa piatta e noiosa, ma di diversità in ascolto, capaci di movimentare, cambiare, crescere insieme.
Quindi, forse, non c’è molto da stupirsi se essere uniti significa glorificare Dio e, dall’altra parte, se glorificarci l’un l’altro significa essere uniti a Dio. E’ il nostro vivere come fratelli e sorelle che fa nascere, ancora oggi, il Dio-con-noi.