In profondità – Lc 8,16-18
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce.
Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere».
Funziona un po’ come un iceberg: ce ne vuole di ghiaccio sotto per mostrare qualcosa in superficie. Così l’invito di oggi di Gesù potrebbe sembrare semplicemente quello di “urlare” ciò che sentiamo e sappiamo. Ma in realtà la questione è un po’ diversa.
Si è coniata in questo ultimo periodo una parola nuova, particolarmente indicata per descrivere il preoccupante comportamento di “buttar fuori”, un po’ a caso, ciò che portiamo dentro. Lo facciamo sui social, in televisione, perfino in politica: la pancia al comando. Si chiama “estimità” (Tisseron) e sarebbe il contrario dell’intimità. Ma non è a questa che ci invita Gesù. Prima di poter mettere una lampada in bella vista, infatti, è necessario averla e averla accesa!
Ciò a cui si riferisce Gesù si indica, in greco, con il termine “parresia”, che in italiano papa Francesco tradusse, nel lontano 2014, per il sinodo sulla famiglia, con “franchezza”. Cosa c’è di diverso? Che la parresia è l’atteggiamento di chi non nasconde la sua “perla preziosa”, di chi parla non dalla pancia ma dalla “sovrabbondanza del cuore”, perché il dono che sente di aver ricevuto non può trattenerlo per sé. Prima di esprimere, la parresia richiede l’ascolto umile, la ob-bedienza rispetto alla vita e a Dio, gli occhi aperti per cogliere la speranza che ci è regalata a piene mani, ma che spesso parla un linguaggio molto difficile da decifrare.
L’invito di Gesù di oggi riguarda certamente la comunicazione, ma in realtà vuole andare in profondità, sulle motivazioni più autentiche che ci spingono a un cammino di fede che, in definitiva, è un cammino di vita. E’ la profondità che dona libertà e serenità alla superficie, come le radici ai rami degli alberi.