Pace – Mt 11,28-30
In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Che la vita sia faticosa, non serviva il vangelo a dircelo. Certo, non è solo fatica, ma un continuo alternarsi di consolazioni e desolazioni (per dirla come s. Ignazio). Sperimentiamo tutti il fatto che la soddisfazione e la delusione, il peso e la leggerezza costellano senza sosta la nostra esistenza e la nostra quotidianità.
Il vangelo non ci prende in giro: spesso siamo «stanchi e oppressi» e abbiamo bisogno di «ristoro». Tuttavia Gesù non si propone come oasi nel deserto, ma come compagno di lavoro, come amico con cui condividere il cammino.
Questa è l’immagine del «giogo», l’attrezzo a cui si legava una coppia di buoi per arare. Si è sempre in due sotto il giogo. Gesù ci dice che il ristoro, nella vita, non si trova sperando in un’esistenza piatta, senza alti e bassi, una sorta di «divano-felicità» (papa Francesco) in cui l’obiettivo è una placida immortalità.
La proposta di Gesù non è quella di evadere dalla vita come se la fede fosse una specie di droga. No: Gesù propone sì di riposarsi e di avere sollievo, ma lavorando con lui, camminando al suo fianco.
Il suo giogo è «dolce» perché egli lavora per amore e non per forza. E forse in questa conversione sta davvero, anche per noi, il segreto della felicità.