Accordarsi – Mt 18,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Guarda qui la liturgia completa della XXIII domenica t.o. (anno A)
Questo brano sta nel cuore di quella prassi e tradizione ecclesiale che chiamiamo «correzione fraterna». Siamo tutti chiamati, come dice la prima lettura, a essere «sentinelle» gli uni per gli altri.
Significa fare gli spioni? A volte lo interpretiamo così. Così, paradossalmente, la dimensione dell’intimità è terribilmente minacciata da strumenti social utilizzati in maniera sconsiderata e banalizzante. Insomma: a tutti piace farsi gli affari degli altri.
Oppure interpretiamo questo essere sentinelle come essere i critici spietati delle vite altrui. Ed eccoci diventati i censori dei costumi degli altri, i piccoli pettegoli delle debolezze delle persone che abbiamo accanto.
No, «correctio fraterna» non significa questo. Significa comprendere, prima di tutto, che la nostra vita è indissolubilmente legata agli altri. Non possiamo definirci senza la comunità, senza l’«ecclesia»: il volto dell’altro forgia il nostro, come «il ferro è forgiato dal ferro» (Pr 27,17).
Ma Gesù arriva a dire di più: questa cosa è talmente vera che la volontà di Dio “dipende”, in un certo senso, da come ci «mettiamo d’accordo» tra noi. Letteralmente, da quanto i nostri cuori sono capaci di battere all’unisono.
Quando preghiamo il Padre Nostro e diciamo «sia fatta la tua volontà», quindi, cosa stiamo chiedendo? Non stiamo implorando un’entità astratta e distaccata di “fare quello che gli pare”, come se i suoi desideri fossero un meteorite improvviso sulla terra. Stiamo chiedendo la forza di accordarci tra noi, di suonare la stessa sinfonia, come strumenti ben intonati.
La sua volontà poggia sulla rete delle nostre relazioni, sulla nostra capacità di donarci tempo, gentilezze quotidiane, sensibilità, pazienza, sorrisi, orecchie che ascoltano… La volontà di Dio passa attraverso una comunità che si riconosce liberata e responsabile.
Siamo sentinelle gli uni degli altri perché la persona che abbiamo accanto ha valore: nei suoi occhi scorgiamo la strada per la nostra autentica umanità.
E’ un onore, un dono, essere sentinelle così.