Per crescere – 25 set 2020
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». (Lc 9,18-22)
Quando ero piccolo avevamo, tra i gatti attorno a casa, una micia particolarmente agguerrita, che io chiamavo, fieramente, «pantera». Io non la vedevo mai in azione a cacciare, ma mio padre e mio fratello mi raccontavano di essere stati testimoni di prodezze incredibili: salti per afferrare uccellini su alberi altissimi, attese bibliche lungo il fiume per predare topi grandi cinque volte lei… per non parlare dell’indomito coraggio di fronte ai serpenti (che io, comunque, non ho mai visto attorno a casa).
Quando ebbi circa dieci anni mi svelarono che in realtà «pantera» era una gatta pacifica, vagamente impigrita, che mangiava – poco fieramente – crocchette del discount e poco altro. Mi sentii molto offeso: mi avevano mentito.
Il vangelo di oggi mi fa pensare a quante cose, anche in ambito di percorso di fede, abbiamo respirato dalle persone attorno a noi. Nel caso della mia gatta si trattava di divertenti bugie, ma in realtà tutti noi abbiamo appreso cose anche molto importanti nella vita, di cui però non conosciamo proprio la dimostrazione. Si tratta di un gesto di fiducia.
Non scandalizziamoci: è bene che l’educazione funzioni così. Qualcun altro diviene per noi testimone di qualcosa di importante. Così, la «folla» dice tante cose di Gesù, molto positive e lusinghiere. Ma a Gesù non basta, e nemmeno a noi. La domanda più scottante, quella che ci imbarazza e ci interpella, riguarda noi stessi: «ma voi chi dite che io sia?».
Quando si cresce è necessario il passaggio dell’internalizzazione, cioè decidere di fare propri (e anche come farlo) i valori trasmessi da qualcun altro quando eravamo più piccoli. In questo modo la persona non tradisce il suo passato, ma nemmeno lo ricopia uguale: si parla di “fedeltà dinamica” o “creativa”. E’ un passaggio fondamentale per integrare passato e futuro, autonomia e dipendenza, solitudine e compagnia.
«Ma voi»: questa la domanda che ci spinge a crescere, a divenire adulti nella fede. Per noi – per te! – chi è Gesù? Quale il tuo rapporto con lui? Certamente egli è un mucchio di cose che dicono i preti o gli altri cristiani (il maestro, il Figlio di Dio, il salvatore…), ma per te chi è?
Se cogliamo con coraggio questa domanda, forse scopriamo che la fede apre a una libertà nuova, inattesa e sorprendente. Porci nuovamente la questione ci aiuta a crescere, a divenire pian piano adulti nella fede.