Semplicità che salva – Lc 13,18-21
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
E’ sempre sorprendente l’uso delle parabole che fa Gesù. Non si tratta di storielle prese dal regno animale, come Esopo, né di racconti dal significato metafisico complicato, come Platone. Gesù parla di quotidianità.
Chissà quante volte aveva visto la semina, da bambino. Chissà quante volte aveva guardato Maria, sua madre, preparare il pane in casa.
Questo aspetto delle parabole non ci porta solo a dire che si tratta di racconti comprensibili per tutti, ma anche che si tratta di insegnamenti applicabili da tutti. Sono racconti della quotidianità che possono essere spesi nell’oggi di ciascuno di noi.
Non siamo semi inutili, piccolissimi, buttati nel giardino del mondo, all’interno di politiche e di strutture infinitamente più grandi di noi. Anche se a volte ci sentiamo così, impotenti e indifesi, tuttavia possiamo essere lievito nella pasta delle nostre relazioni quotidiane.
Non si tratta, quindi, di fare un mestiere particolare o di avere un ruolo particolare nella Chiesa. E’ esattamente lì dove siamo che possiamo testimoniare l’amore, attraverso un sorriso in più, qualche secondo in più passato ad ascoltare, un pensiero in più per chi c’è vicino… attraverso, insomma, piccoli e quotidiani gesti concreti di gentilezza.
In questo modo, quello che facciamo, lì dove lo facciamo, può assumere un senso e una forma diversi. E il Regno cresce.