Principio di realtà
All’inizio del cammino di Avvento, il Vangelo, questa volta quello di Marco al capitolo 13, sembra riprendere da dove ci ha lasciato nelle precedenti domeniche: veniamo invitati a vegliare e a fare di questa nostra veglia una sorta di elemento strutturale della vita. Non sappiamo quando è il momento e per questo dobbiamo rimanere in attesa senza addormentarci: ma di quale momento si parla?
Qui pare evidente il riferimento al momento dell’incontro con il Signore, il padrone che se ne va ma affida a ciascuno un compito che nessun altro può svolgere, in attesa di un ritorno certo, anche se non prevedibile. La forma che assumerà l’incontro non è messa a tema perché l’intento di questo brano (Mc 13,33-37) è quello di convincerci che sarà la qualità del nostra attenderla a determinarla.
Da giorni assistiamo a una discussione centrata sul tema delle possibili riaperture dopo che la situazione pandemica sarà riportata sotto controllo: si fanno molte previsioni e in particolare al centro vi è la questione delle riaperture natalizie.
Se ne fa soprattutto un discorso economico, discorso che soltanto uno snobismo fuori luogo in questo tempo di crisi, potrebbe considerare secondario; certo, però, non possiamo ridurre tutto soltanto a questo, perché abbiamo già verificato come una visione univoca di questo genere, adottata nel periodo estivo, ci abbia portato ad esiti poco incoraggianti.
Abbiamo imparato – sarà vero? – a dare una lettura della realtà che tenga conto di una complessità di fattori che non possono prescindere l’uno dall’altro. Per quanto pensiamo che le cose semplici siano le migliori, non è detto che semplificare la realtà sia la cosa migliore da fare.
C’è poco da dire, la realtà nella quale siamo immersi è sempre complicata, non fosse altro per il fatto di essere il frutto di un continuo gioco di equilibri tra aspettative e prospettive molto differenti. Certo l’attenzione alla salute e alla vita dei più deboli deve rimanere prioritaria, ma proprio per questo è necessario articolare le proposte in modo da evitare che si creino nuove sacche di povertà e debolezza: mi ha colpito profondamente nel corso della giornata contro la violenza alle donne, vedere come il numero di violenze si sia quasi triplicato durante il lockdown.
Senza entrare nello specifico della questione, questo esempio ci deve aprire gli occhi su quanto sia difficile abitare la complessità trovando le vie migliori da praticare. Cosa c’entra tutto questo con il tema del vegliare?
Guardare le cose solo da un punto di vista facendosi paladini di un qualche diritto, nel migliore dei casi, o di qualche privilegio, nella peggiore delle ipotesi, è il modo più semplice per rifiutare la complessità della realtà, facendo assopire, alla lunga, la propria coscienza. Vegliare vuol dire rimanere attenti a tutte le sfumature, saper cogliere ogni segnale di cambiamento, saper ascoltare anche la più piccola richiesta di aiuto. Dalla capacità concreta di attenzione della sentinella dipende la possibilità di una risposta pronta e organizzata.
Il Vangelo ci invita a vivere vegliando, in modo da essere pronti all’incontro con il Signore in qualsiasi situazione possa avvenire, indipendentemente dal momento della giornata. Siamo così sollecitati a diventare persone sveglie, non solo nel senso della fede, ma anche rispetto al vissuto che quotidianamente ci troviamo davanti.
La conclusione che propone Gesù è sorprendente e spiazzante: «Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». Come se in queste parole non ci fosse un invito rivolto solo ai credenti, ma anche la consegna di un importante segreto da condividere con tutta l’umanità capace di buona volontà. Rimanere svegli di fronte alle letture semplificate della realtà vuol dire farsi trovare pronti davanti alla vita. Non è una questione di capacità culturali o di particolari abilità: si tratta di avere rispetto per ogni situazione che ci si trova a vivere, sapendo che ci sarà richiesto di abitarla, al limite anche in un modo nuovo e mai sperimentato fino ad oggi.
Coltivare un senso di rispetto e attenzione verso la realtà, vuol dire riconoscere anche la nostra profonda debolezza e inadeguatezza ad agire da soli. Chi si addormenta beato nelle proprie sicurezze si troverà, da solo, ad affrontare ciò che gli verrà incontro o avrà bisogno che siano altri a prestargli una qualche certezza per provare a rimanere in piedi nelle difficoltà, ma sarà sempre un’illusione passeggera.
Chi veglia ha chiara la percezione di avere ricevuto un mandato e di non essere da solo. Chi veglia sa che le chiamate contenute nelle situazioni non sono mai solo un appello alla risposta individuale, ma sempre un invito a mettere in moto collaborazioni e a pensare soluzioni che vadano al di là della propria persona. Chi veglia ha ben chiaro il senso di responsabilità a cui non è bene sottrarsi: com’è possibile dormire quando si ha un compito da svolgere, quando si è chiamati a vigilare sulla porta di ingresso della casa comune che è la realtà entro cui tutti siamo chiamati a muoverci?
Soltanto chi non smette di vegliare avrà la capacità di non rimanere frastornato di fronte alla complessità della vita reale e non avrà paura ad azzardare risposte complesse.
Paradossalmente, tutti quei mondi più o meno virtuali, e non mi riferisco solo alla realtà dei soIcial, che cercano di convincerci che la soluzione più facile e comoda è a portata di mano, nascondono il rischio di condurre sempre più persone a vivere una condizione di chiusura nei confronti del mondo, quello reale. Questo vuol dire addormentarsi: rifiutare in definitiva di fare i conti con la realtà, solo perché ci si ostina a non volerla leggere per quello che è.
Chi preferisce il sonno alla veglia, di solito, è colui che si gira dall’altra parte quando sente un urlo di dolore provenire dall’appartamento vicino. Magari è poi lo stesso che si mobilita sui social in difesa delle donne, nella speranza che il mondo cambi magicamente, ma rimane colui che non è in grado di muovere un dito di fronte agli scenari complessi che gli si aprono davanti alla possibilità di denunciare direttamente, in prima persona, una qualsiasi forma di violenza. Iniziare l’Avvento con l’invito a vegliare è fare i conti in maniera salutare con la complessità delle cose, accettando la realtà, anche se faticosa, per iniziare a cambiarla davvero.