Sguardo nuovo – Lc 10,21-24

Sguardo nuovo – Lc 10,21-24

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Il vangelo di oggi è uno dei pochissimi in cui si fa riferimento esplicito alla gioia di Gesù, che «esulta nello Spirito Santo». Ciò che lo smuove così tanto è il fatto che, finalmente, i «piccoli» ci vedono meglio dei «sapienti»  e dei «dotti».

Sì, perché, in fondo, è una questione di sguardo sulla vita. Essere piccoli, nel linguaggio evangelico, è una condizione che comporta la consapevolezza di aver bisogno. Il piccolo è colui che sa o avverte, in un modo o nell’altro, che da solo non ce la può fare.

E questa è la condizione-base per poter recepire il vangelo, per sentire su di sé la volontà di amore di Dio. Questa è la vera regola su cui si poggia l’universo, il «mistero», come lo chiama Paolo, custodito fin dall’inizio del mondo: la piccolezza vince.

A dispetto della cultura (sempre) contemporanea, che ci vuole impermeabili ai bisogni e alle ferite, senza esigenze che non siano risolvibili con un click, il vangelo propone con sfrontata chiarezza un modello diverso.

Ci invita a essere piccoli, perché solo così sappiamo cogliere le piccole pieghe di speranza che si formano nella trama della nostra giornata.

Per i grandi, senza questo sguardo profondo, la vita, presto o tardi, diventa disperante.

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