Et incarnatus est

Et incarnatus est

Ho letto un’intervista a papa Francesco ad alta voce, insieme ad un confratello che desiderava conoscerla, ma gli occhi non gli erano d’aiuto. In un passaggio – di rilevanza oggettiva forse minore – parlando d’arte, dice: «In musica amo Mozart, ovviamente. Quell’Et Incarnatus est della sua Missa in Do [minore] è insuperabile: ti porta a Dio!». Ho sentito un brivido e ho interrotto la lettura, lasciando in sospeso la frase.

«Beh, cosa ti è preso?», mi chiede il confratello solo orecchi. «Ti faccio sentire l’Et incarnatus est di Mozart e vedrai che non occorreranno spiegazioni». Abbiamo ascoltato insieme l’esecuzione della Berliner Philharmoniker diretta da Herbert von Karajan, dalla voce del soprano Barbara Hendricks. Al termine anche il mio confratello dagli occhi spenti ha «visto» il Natale con gli orecchi.

Ho sempre pensato tra me e me che quello splendido ricamo musicale su un’affermazione centrale del Credo fosse una pagina in più della Bibbia: ti porta a Dio, te lo rivela. Mi vien difficile pensare che la rivelazione sia davvero finita con il versetto 21 dell’Apocalisse, e che, anzi, quell’augurio-benedizione («La grazia del Signore Gesù sia con tutti») abbia trovato in Mozart un canale.

Qualche anno fa è successo che, tornati in sacristia dopo la messa di mezzanotte, il parroco con il quale collaboravo per le celebrazioni della domenica, mi dice perentorio: «Domani [Natale] la messa delle 11 la dici tu». Nessuna obiezione ha potuto opporre resistenza sufficiente. Irremovibile. Al mattino, dopo una notte più breve del solito, sarei stato in confessionale fino alle 11. Come potevo prepararmi per quella celebrazione così bella e importante, alla quale si affacciano anche alcuni “fedeli” che ti concedono quella sola occasione nell’anno per un annuncio? Bisognerebbe avere un carico di briscola e io mi trovavo con solo scartini. Mi sembrava ingiusto verso i fedeli e verso la Parola di Dio improvvisare un commento.

Ho detto ai fedeli presenti: «È ben difficile tradurre con le parole il mistero del Natale, del Dio che si fa uomo. L’evangelista Giovanni, nel Prologo al suo Vangelo, gioca la poesia. Vorrei invitarvi “dentro” il Natale ascoltando insieme l’Et incarnatus est di Mozart. Vi dirà il mistero come certo io non saprei mai fare, tanto meno oggi».

Resto convinto che quei novi minuti di sublime siano stati di gran lunga più “mistagogici” di altrettanti (forse più) di parole scaricate all’ultimo minuto dal sito cerebrale dei buoni pensieri. Anche se in curia è arrivata qualche giorno dopo una segnalazione dello sfregio da me perpetrato alla solenne liturgia del Natale…

Non pretendo che papa Francesco cambi musica. Mi sento confermato – e mi basta – nell’apprezzamento di ogni via che “ti porti a Dio”, anche senza passare dal prete.

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