Prima di tutto la pace – Lc 10,1-9
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
In questo tempo pieno di complottismi, di dietrologie, di tensioni sociali (più o meno) sommerse, sento forte l’invito del vangelo di oggi: «prima dite: “Pace a questa casa!”». Prima di tutto, siamo chiamati a portare la pace.
Prima di cominciare a evangelizzare, a guarire i malati o ad aiutare i poveri… prima di ogni cosa siamo portatori di pace. Questa richiesta evangelica chiara ci spinge a credere davvero a quella che papa Francesco chiama l’«amicizia sociale».
Il 27 marzo 2020, in quella suggestiva preghiera in piazza san Pietro, il papa Francesco disse che «siamo tutti sulla stessa barca». Spesso intendiamo questa frase nel senso che “soffriamo tutti insieme”. Certamente, ma significa anche che “dobbiamo aiutarci tutti insieme”.
Il primo passo che oggi siamo chiamati a fare è ragionare e aiutare a ragionare, per costruire realmente ponti là dove si stanno allargando divari sociali e personali troppo ampi per essere ricuciti velocemente. Oggi più che mai il nostro impegno è quello di essere «operatori di pace», non solo lavorando “per” gli altri, ma “con” gli altri.
Rischiamo di essere accerchiati da sordi che gridano i propri slogan e le loro idee, ognuno impegnato a trovare le indimostrabili prove di qualunque teoria e a etichettare gli altri come nemici.
Non cediamo a questa tentazione: restiamo desti, restiamo in ascolto. Restiamo operatori di pace.