Cuore tenero
Il Vangelo di questa ventisettesima domenica del Tempo Ordinario, anno B (Mc 10,2-16) sembra mettere insieme realtà molto diverse tra loro. Da un lato la questione dell’atto di ripudio e il tema del rapporto tra uomo e donna, dall’altro l’atteggiamento di chi vuole entrare nel Regno di Dio, atteggiamento che deve essere simile a quello dei bambini che Gesù prediligi e accoglie. Quale filo conduttore tra le due parti del racconto?
Colpisce il voluto riferimento alle origini, al libro di Genesi, dove Gesù sembra presentare non solo la soluzione alla questione che gli è posta dai farisei, ma anche una possibile traccia da seguire per allargare la prospettiva. Come sempre, da un fatto particolare, da una questione tecnica e parziale dentro alla quale si vuole ingabbiare la libertà di Dio, Gesù ci invita a fare una salto e a riscoprire il senso profondo di tutto quello che ci viene messo a disposizione: ogni chiusura, ogni legge che definisce e separa ci è necessaria per la durezza del nostro cuore.
La durezza dovuta al peccato e alla gestione malata della libertà, chiede come risposta una legge, qualcosa che limiti e sanzioni l’ingiustizia e l’atteggiamento prevaricatore nei confronti dell’altro. Crescendo, ogni uomo e ogni donna, si ammala di un indurimento del cuore che è l’origine della nostra vera debolezza: pensiamo di aver già visto molto della vita e crediamo che l’unico modo per difendersi davvero sia chiudersi in sé, diventare impermeabili alla realtà dell’altro per godere a pieno di tutte le opportunità che abbiamo a disposizione: ciò che conta è avere ragione, trarre il maggior vantaggio possibile dalla nostra presa di posizione. Secondo questa logica diventa fondamentale definire, normare, per evitare che si scateni la guerra di tutti contro tutti, perfino nelle relazioni più intime e vitali. C’è poco da girarci intorno: la legge esiste come tentativo di mettere a freno la durezza del cuore che, di per sé, trascinerebbe l’umanità alle soglie della distruzione.
La compassione è l’atteggiamento contrario, atteggiamento proprio di Dio nei confronti della creazione e di ogni sua creatura, in particolare dell’uomo.
L’abbraccio di Gesù ai bambini parla proprio di questa compassione e di come sia necessario riscoprirla se vogliamo metterci in cammino sulla strada verso il Regno.
Alle origini, nel progetto iniziale di Dio, non c’è spazio per la durezza, ma solo per la compassione e il sentire insieme alle sue creature: l’uomo e la donna sono fatti per questo, per cercare unità e complementarietà, ma se lasciano spazio alla durezza del cuore, allora hanno bisogno di una legge per cercare di farsi meno male possibile. La legge del ripudio ha questo significato: non parla della misericordia di Dio, definisce soltanto la realtà malata degli uomini.
Gesù ci richiama alle origini e mette al centro della nostra attenzione dei bambini che non possono ancora avere il cuore indurito dalle vicende della vita, per richiamarci alla necessità di fare un salto con lui dentro al modo di pensare del Padre.
Per salvare rapporti incrinati, relazioni spezzate, c’è bisogno di semplicità, di uno sguardo tenero che abbia voglia di riscoprire l’origine vera delle cose, o meglio la possibilità che le realtà, anche quelle malate, continuino ad essere abitate dalla presenza di Dio.
Non si tratta di riscoprire questa semplicità, che non ha nulla a che vedere con la riduzione semplicistica e ingenua del pensiero, come antidoto al mal funzionamento dei rapporti interpersonali: il Vangelo ci spinge più in là.
Avere un cuore tenero e plasmabile come i bambini è la via d’accesso al Regno di Dio, ma anche la strada necessaria da percorrere per recuperare, qui sulla terra, il giusto rapporto con il creato. La durezza del cuore ci impedisce di vedere non solo la sofferenza dell’altro, ma anche la sofferenza della natura che ci circonda.
Attraverso due immagini, quella della Genesi, dell’uomo e della donna alle origini, e quella dei bambini, Gesù ci aiuta a riscoprire che ogni passo che compiamo allontanandoci dall’intenzione del desiderio originario di Dio è un passo che ci allontana dalla realizzazione piena della vita, restituendoci relazioni malate con le cose e con le persone.
Lo sforzo di tanti giovani che oggi desiderano recuperare un rapporto più diretto e vero con la natura e il mondo, non va sottovalutato: vedere tanti ragazzi e ragazze che pensano e propongono soluzioni apparentemente troppo facili per essere vere, ai mali del cambiamento climatico e dello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, non può essere trattato con sufficienza e distacco da parte del mondo degli adulti. Certo non tutto sarà realizzabile e probabilmente dentro alle proteste e alle manifestazioni di questi giorni ci sarà sempre la possibilità che qualcuno si inserisca con malizia e l’intenzione di promuovere secondi fini, ma vedere tanti adolescenti e giovani protestare, quasi sempre in maniera civile, e chiedere azioni sulla base di proposte molto concrete, non può che essere uno schiaffo salutare alla durezza del nostro cuore. Sicuramente c’è tanto da purificare, ma negli occhi dei nostri ragazzi c’è un sano desiderio di semplicità e nella voglia di sperimentare un rapporto più diretto e vero con la natura, forse c’è anche tanta voglia di tornare a sentire l’abbraccio profondo di Dio, un abbraccio che da grandi dimentichiamo con troppo facilità.