Porta chiusa – Lc 11,47-54
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
I farisei e i dottori della legge non erano brutte persone. Erano però persone intrappolate in un sistema rigido dettato dal timore e dalla paura.
Sì, perché «l’amore perfetto caccia via la paura» (1Gv 4,18). La loro fedeltà alla legge, di per sé importante segno di amore per Dio, si impaluda in timori ossessivi di “fare la cosa giusta” e non di compiere la giustizia. Sono cose ben diverse.
E questa «chiave della conoscenza» rappresenta allora la possibilità di approfondire, tramite la Parola, il proprio rapporto con Dio. Tristemente è successo anche alla Chiesa, nella sua lunga storia. Ma finalmente la Parola è stata data in mano a tutti e ognuno, insieme alla sua comunità, può confrontarsi con l’appello personale che il Signore fa a ciascuno di noi.
Perché possiamo, insieme a lui, amare nella gratitudine e non nella paura.