Aperti a tutti – Mc 7,14-23
In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti.
E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
Considerare impuro un cibo commestibile non è un atto specifico della libertà: può ben essere una decisione arbitraria e dogmatica, che si carica di inevitabile qualità religiosa di esclusione sociale. Sempre nel vangelo di Marco, alla fine del capitolo cinque, Gesù ordina di dare da mangiare a una bambina di 12 anni – la figlia di Giairo – senza indicare alcun tipo di alimento particolare. Non è ciò che entra nell’uomo a renderlo impuro, ma ciò che esce dal suo cuore quando segue vie di perversione.
Al tempo dei primi cristiani l’accoglienza dei pagani convertiti si scontrava con lo spinoso problema della pratica giudaica dei pasti sottoposti alle regole della purità rituale, in quanto generava l’esclusione dei “nuovi arrivati” (cfr. anche At 10-11).
Per Gesù quel tipo di pratica favoriva una società chiusa, mentre il suo desiderio era di entrare in comunione con tutti, di portare la buona notizia del Regno soprattutto agli esclusi, una parola di liberazione che giocoforza si scontrava con i fautori di discriminazione, i “puri”. Che Gesù sieda a tavola con impuri ed esclusi è una novità radicale.
Con lui il gesto del mangiare, uno dei simboli più vibranti e perennemente esposto sul filo sottile dell’ambivalenza, diventa occasione di apertura e prepara l’accoglienza del cristianesimo ai pagani.