Coraggio! – Gv 15,1-8

Coraggio! – Gv 15,1-8

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Si tratta di un testo, quello del vangelo di oggi, che, con ogni probabilità, si riferisce a situazioni storiche e a fatti concreti che la comunità primitiva stava vivendo. Si possono cogliere in questa ottica le allusioni, quella della vite in primo luogo, metafora del popolo di Israele.

Ma, al di là dell’evocazione storica, la parola di oggi sembra incidere come un bisturi il bubbone infettato della rassegnazione e dell’abbandono che ammalano la vita di molti credenti e appesantiscono il cammino delle comunità cristiane. Una forma di incertezza che si palesa in coloro che faticano a rimanere fedeli alla logica evangelica dell’amore di fronte all’odio del mondo.

Per questo Gesù consegna ai discepoli la regola di vita dell’amore, la sola in grado di declinare la vita del fedele al plurale al di là di ogni tentazione egoica la quale, basandosi sulla paura, non porta a nulla. Proprio come il tralcio di cui parla Gesù che rimane solo e secca e a null’altro serve se non ad essere bruciato.

Si potrebbe dire che l’invito a non cedere all’abbandono contiene l’indicazione preziosa di non cedere alla prima difficoltà, e di non tornare indietro. Non serve altro, perché il resto non lo facciamo noi, ma lo fa il padrone della vite.

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