Che noia che barba – Lc 9,7-9
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Erode non è uno stupido. Egli sa bene, in base alla propria esperienza personale («Giovanni, l’ho fatto decapitare io»), che la persona di Gesù non è interpretabile in base a categorie passate («Elìa», «uno degli antichi profeti»). No, Gesù è vangelo, cioè una bella novità. Non oggi, né ieri, ma sempre: Gesù è l’eterna novità.
E a Erode piace la novità, ne è incuriosito. Un po’ come tutti noi, vagamente inebetiti mentre facciamo swipe up e vediamo foto su foto, story su story… La novità ci attira, nel cuore di ciascuno c’è la sete per ciò che è nuovo. Eppure, al tempo stesso, lo temiamo.
Come Erode, «cerchiamo di vedere» la novità, di assistervi, ma non di parteciparvi. Preferiamo restare spettatori passivi, ma entrare nella novità è tutt’altra cosa. Significa mettersi in discussione, rimettere in gioco fino alle fondamenta della nostra vita, in nome dell’amore che salva. Troppo faticoso!
Come la grande Sandra Mondaini al termine di ogni puntata di “Casa Vianello”, ci limitiamo a sbuffare: “che noia che barba”. Rischiamo così di diventare maestri di lamentela, grandi critici, perfino raffinati, ma incapaci di partecipare davvero alla continua conversione che Dio ci chiede attraverso le nostre esperienze, attraverso la storia del mondo.
Signore, fa’ che non ci limitiamo a volerti vedere, ma che possiamo divenire, dietro ai tuoi passi, “servitori dell’amore e profeti della riconciliazione” (p. Dehon). E allora la novità di Dio ci renderà liberi.