Schiaffo

Schiaffo

La prima parte della parabola che il Vangelo di Luca ci consegna in questa XXVI domenica del Tempo Ordinario, anno C (Lc 16,19-31, ci parla di una situazione vecchia come il mondo che l’uomo non riesce a risolvere: l’ingiustizia palese di un gruppo di ricchi che non sa mettere a frutto la propria fortuna per creare giustizia, anzi la utilizza in maniera irresponsabile vivendo nell’indifferenza. Qui si parla della sfacciataggine di chi non riesce più a riconoscere la propria condizione di privilegiato e si abbandona allo spreco di fronte a chi chiede soltanto di essere visto, accolto e sostenuto. A perdere la dignità è il ricco che non ha neppure un nome: mentre il povero Lazzaro, morendo, sarà portato in cielo tra le braccia di Abramo, il ricco, nel momento della dipartita, non potrà far altro che essere sepolto, posto sotto terra.

Non sono le ricchezze in sé a condannare l’uomo ricco, ma il fatto di non riuscire a comprendere che queste ricchezze possono essere condivise con chi non ne ha e vive nell’indigenza: il non alzare lo sguardo sul povero che sta sulla soglia della porta di casa, porta alla condizione di solitudine piena, totale e irredimibile di un uomo che ha goduto per poco tempo delle proprie immense ricchezze e che è destinato a vivere solo, per il resto dell’eternità. La solitudine del ricco a cui non può porre rimedio neppure Abramo, diventa segno e simbolo di una scelta che inizialmente pare essere dettata da semplice superficialità, ma che in realtà è espressione di una radicale e profonda perversione del senso della vita: quello che conta è il mio benessere e il godimento sfrenato di tutto quello che ho a disposizione.

I dati pubblicati in settimana dal Global Wealth Report 2022 parlano di una crescita record della ricchezza nel 2021 dove la ricchezza media per adulto risulterebbe essersi accresciuta dell’8,4% a livello mondiale, peccato che

l’1% di popolazione più ricca del mondo ha aumentato per il secondo anno la propria quota di ricchezza fino a raggiungere il 45,6% nel 2021 rispetto al 43,9% registrato nel 2019. Nel corso del 2021 ai milionari in dollari statunitensi si sono aggiunti 5,2 milioni di membri extra, per un totale a fine anno di 62,5 milioni di membri (milionari) in tutto il mondo.

Questo vuol dire che a una ricchezza maggiore corrisponde una distribuzione di tale ricchezza sempre più disomogenea e ingiusta. Esattamente la situazione che la parabola del Vangelo descrive.

La prospettiva tracciata da questi dati e da una lettura superficiale del racconto evangelico, sembrerebbe portarci ad una rassegnazione di fondo rispetto ad una situazione che non può cambiare.

In realtà l’evangelista Luca ci consegna una parabola che ha come obiettivo quello di smascherare un atteggiamento di fondo ipocrita e non di descrivere una situazione che è destinata a perdurare. La drammaticità del racconto di Gesù serve proprio a scuotere i ricchi che ascoltano perché si ravvedano e cambino radicalmente modo di approcciare la vita.

Non si tratta di un cambiamento miracolistico, dettato da un intervento improvviso, fosse anche il ritorno dai morti di qualcuno che spieghi come andranno effettivamente le cose. Si tratta di iniziare a vedere quello che abbiamo già sotto agli occhi, si tratta di prendere sul serio quello che ascoltiamo: la presenza della povertà che sempre più entra anche nelle nostre case, in maniera diretta o indiretta, e l’annuncio di una Parola che ha in sé gli antidoti all’ingiustizia.

L’amara conclusione di Abramo ci inchioda alle nostre responsabilità, ma ci fornisce anche la via d’uscita all’imperante clima di tristezza e rassegnazione di questi nostri giorni: abbiamo già quello che ci serve per poter iniziare a vivere in modo diverso, disponiamo di tutte le ricchezze di cui abbiamo bisogno e dalla Parola di Dio possiamo ricavare quello stile sempre nuovo che ci aiuterebbe a condividerle realmente.

Si tratta di essere persuasi che in tutto questo non c’è da aspettare alcun miracolo, se non quello reale e sempre possibile di un cuore che si allarga all’altro per riconoscerlo come fratello.

Chi legge questa parabola con uno sguardo rivolto esclusivamente al futuro che ci aspetta dopo la morte, non fa giustizia all’intelligenza del Vangelo. Ma neppure chi la legge secondo una prospettiva soltanto immanente, facendola diventare un piccolo trattatello di sociologia o un manualetto per la pratica della giustizia sociale, finisce per renderle giustizia.

Questa perla del Vangelo di Luca è molto di più: vuole essere uno schiaffo rivolto a tutti quelli che fanno finta di non vedere come il nostro gestire male le ricchezze stia scavando un solco incolmabile tra le persone. Una tragedia che ci impedisce di vivere bene il nostro presente e di credere con speranza nel futuro dell’umanità.

La Parola di Dio non smette di metterci in guardia da tutto questo: l’ascolto della Parola, un ascolto vero, capace di renderla vita, ci aiuta ad uscire dal male assoluto dell’indifferenza e ci aiuta a credere davvero che la resurrezione non è un miracolo della fantasia o l’esclusiva di pochi, ma la prospettiva che dà senso ad ogni vita che voglia provare a dirsi cristiana.

C’è poi un’ultima riflessione che sembra essere rivolta soprattutto ai cristiani dei nostri giorni: in fondo, se crediamo poco alla risurrezione è proprio perché frequentiamo poco la Parola e frequentando poco la Parola facciamo della nostra fede qualcosa di superfluo. Ecco come siamo bravi a farci male da soli e a svuotare di senso le nostre giornate.

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