Lo zoo – Mt 7,6.12-14
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».
Il dramma dell’uomo, da Adamo in poi, è l’aver permesso che cadesse nell’oblio la consapevolezza della propria dignità. Sin dal concepimento siamo immaginati da Dio santi, cioè diversi, non equivalenti alle altre realtà create, eppure facciamo di tutto, ci inventiamo l’impossibile per degradarci. Prima che siano gli altri a gettarci come realtà di scarsissimo valore, siamo noi stessi a sperperarci miserevolmente. Le strade del nostro abbrutimento sono molte e le percorriamo a grande velocità e con tanta superficialità. Infinite «cose sante», doni materiali e immateriali, profani e spirituali di cui la nostra vita è screziata, come i sacramenti, le catechesi ascoltate, maestri di umanità incrociati nella nostra esistenza, situazioni che potrebbero rappresentare una svolta feconda per noi, tutto può essere sottovalutato, scartato, gettato via come irrilevante. Questa abbondanza di grazia, da nutrimento per la nostra umanità rischia di trasformarsi in narcotico della nostra coscienza di esistere, come ci ricorda il salmista: «l’uomo nella prosperità non comprende: è simile alle bestie che muoiono» (Sal 49).
Della tragica possibilità di vivere (e morire) al di sotto della propria umanità era ben consapevole don Lorenzo Milani, il quale, in «Esperienze Pastorali», scriveva che «da bestie si può diventar uomini e da uomini si può diventar santi. Ma da bestie santi d’un passo solo non si può diventare».
Il Verbo si è fatto nostra carne perché da inquilini assopiti dello zoo antropico in cui tante volte ci rintaniamo, possiamo sorprenderci nello scoprire di essere vivi e appassionatamente provare a rispondere all’appello che la vita ci rivolge.