Guai a noi – Lc 10,13-16
In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite». Gesù ha parole molto dure contro le città che avevano assistito alla sua predicazione e ai suoi gesti di guarigione e liberazione degli uomini e delle donne dal mistero del male senza convertirsi.
Il cuore indurito, ostinatamente chiuso alla novità del vangelo, infido e difficile da guarire (cf. Ger 17,9), ha sorpreso anche Gesù nei giorni del suo ministero itinerante in mezzo alla sua gente. Non è affatto vero che al cuore umano basta «vedere» (avere delle «prove») per credere: una qualsiasi opzione ideologica, assunta senza umiltà e distanza critica, può rendere ciechi e addirittura travisatori del bene. Può trasformarci in difensori aggressivi e violenti di posizioni che non hanno più nulla di evangelico (anche se si immagina di «difendere» la fede).
Mi è parso, in questi giorni pre-Sinodo, di vedere la stessa dinamica agire tra noi cristiani e seminare divisione, in una polarizzazione quasi inconciliabile delle posizioni (pro o contro il papa, pro o contro l’una o l’altra opzione dottrinale ecc.), come se non esistesse più un orizzonte comune capace di farci vivere il conflitto delle idee come passaggio faticoso a una concordia più profonda e più vera.
«Guai a noi» – ripete il Signore – se sprecheremo l’opportunità di questo tempo di grazia.