Nessuno sia perduto – Lc 14,1-6
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Gesù accetta l’invito a pranzo nella casa di uno dei capi dei farisei. L’ambiente non è affatto accogliente, tutti gli sguardi dei presenti lo scrutano («stavano ad osservarlo»), lo studiano con circospezione per cogliere un atteggiamento sbagliato, una mossa falsa. Ma questo clima non lo scoraggia. È uomo libero.
È sabato, giorno sacro per Israele, consacrato alla memoria della sua storia di salvezza, dove la Legge – che è il dono di Dio – ha un primato assoluto. I farisei rappresentano un’osservanza rigorosa e meticolosa della Legge come via di santificazione, di adesione alla volontà di Dio. Ma la loro osservanza è talmente alla lettera da avere smarrito il suo fondamento, il cuore di Dio. È diventata idolatria.
«È lecito o no guarire di sabato?». Nessuno risponde. «Lo prese per mano, lo guarì e lo congedò». Il primato della vita umana sulla lettera della Legge non si poteva affermare in modo più semplice e più efficace. Nelle parole e nei gesti di Gesù si esprime il cuore di quel Padre che è amante della vita e che ha tanto amato gli uomini da mandare suo Figlio perché nessuno di coloro che Egli ama sia perduto.