Venire alla luce
Tutti hanno da nascondere qualcosa, così il vecchio adagio, e forse è proprio vero. Gli uomini amano più le tenebre perché nell’ombra è maggiore lo spazio di manovra per chi agisce solo esclusivamente per i propri interessi a scapito di quelli degli altri.
Eppure la luce è presente nel mondo: l’alternativa c’è sempre, anche di fronte a quelle realtà che sembrano talmente connaturate all’essenza umana da sembrare inamovibili.
In questa IV domenica di Quaresima, anno B (Gv 3,14-21), il tema della luce e dell’apparire viene mostrato nella sua intrinseca relazione con quello della verità. Portare alla luce la nostra vita non vuol dire mostrare senza ritegno anche aspetti intimi della nostra esistenza o dare risalto e visibilità alla nostra persona o all’immagine che cerchiamo di costruire e contrabbandare. Portare alla luce, nel vangelo di Giovanni, vuol dire essenzialmente avere il coraggio di lasciare che le azioni e i pensieri siano sottoposti al vaglio del Vangelo. Questo è il modo di far apparire chiaramente come le opere siano fatte in Dio: chi fa la verità viene verso la luce e la luce mostra inevitabilmente la bontà di tali opere e di chi le compie.
Tra le notizie della settimana, quella del presunto dossieraggio, frutto dell’illecita ricerca non autorizzata tra le banche dati di numerosissimi personaggi noti e meno noti, ricerca fatta da organi dello stato che non avevano nessun motivo per avviarla, calza a pennello con il tema dell’agire nell’ombra.
A nessuno piace essere spiati e la privacy di ciascuno va giustamente tutelata secondo le leggi e le regole vigenti. Non mi interessa entrare nel merito della questione giudiziaria e politica: rilevo soltanto, ai fini della nostra riflessione, come in fondo, tra complotti veri e presunti, rimane il dato che l’uomo è davvero affascinato da quello che è poco chiaro e che viene avvolto nell’opacità della sottile linea d’ombra che separa il falso dal vero. Facciamo fatica a frequentare la luce perché non amiamo che sia fatta verità sulla nostra vita.
L’intelligente di turno commenta la notizia semplicemente dicendo che, se uno non ha nulla da nascondere, non c’è bisogno di scaldarsi tanto.
L’intelligente di turno dimentica che tutti abbiamo qualcosa da nascondere.
L’intelligente di turno non sa che nella società dell’apparire e dell’informazione a pioggia, dove le informazioni sono copiosamente condivise, aumentano sensibilmente i rischi che qualcuno inizi a guardarti nell’armadio e non sempre con occhio benevolo.
Il punto, allora, forse sta proprio qui: vale la pena cercare di sfuggire all’occhio malevolo dell’altro sprofondando sempre di più nell’ombra, cercando di costruire sistemi di sicurezza sempre più potenti, per garantire che il nostro armadio rimanga buio e ben custodito? Vale la pena mettere tutte le nostre energie per dotare le nostre giornate di filtri così spessi da non lasciare entrare più la luce, solo per evitare che insieme alla luce entri anche altro? Non ci rendiamo conto che facendo così finiamo per relegare al buio la nostra interiorità?
Verrebbe da dire che sarebbe molto più facile scegliere chi lasciare entrare: la Parola di Dio si presenta come lampada, si offre come strumento rigoroso di indagine per scandagliare, senza secondi fini, la nostra vita e lasciare emergere il buono dal cattivo. Bisognerebbe accettare, però, la fatica di confrontarsi con un giudizio che ci mette radicalmente in discussione.
Portare alla luce il bene che ci abita chiede inevitabilmente di fare i conti anche con il male che è presente in noi. Il giudizio che Gesù è venuto a portare è per la salvezza, per mostrarci come in noi ci sia sempre e comunque la possibilità di scegliere la luce. Questo giudizio è perché il mondo non sia condannato, ma possa finalmente godere della pienezza della verità su se stesso e sulle intenzioni di Dio.
Gesù si lascia innalzare sulla croce perché tutti possano vederlo e riconoscere nel suo gesto la trasparenza di chi non ha nulla da nascondere: infatti Gesù muore solo, nudo, senza alcuna protezione, facendo vedere tutto di sé, perché chiunque lo guardi e creda in lui possa avere finalmente quella vita eterna, cioè piena, che sta cercando.
Forse questo tipo di esposizione è troppo per noi: ma camminare e venire verso la luce, come ci suggerisce il vangelo, abbandonando le finte coperture che ci danno finte sicurezze, è una possibilità concreta che abbiamo davanti a noi. Del resto, mica siamo la luce, a noi viene solo chiesto di venire alla luce: in effetti, venire alla luce, vuol dire anche nascere e proprio in quel momento siamo veramente noi stessi, la nostra nudità è anche la verità di quello che siamo. Allora abbiamo bisogno di rinascere davvero per scoprire che misericordia e giustizia possono baciarsi nella verità anche davanti ai nostri occhi.