Nulla è perduto – Gv 6,35-40
In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete.
Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Non so se abbiamo presente cosa si prova durante un attacco di panico. Probabilmente sì; mi auguro comunque che molti non sappiano nemmeno cos’è. Tra i tanti segni e sintomi ce n’è uno in particolare che mi colpisce.
Si tratta della paura di impazzire, di essere andati “giù di testa”, di essere “inutili”, perché troppo fragili. E’ una paura che lego fortemente all’essere da soli e perduti. Si tratta di una strana e potente sensazione di solitudine angosciosa, come se, funamboli su fili sospesi in aria, scoprissimo che non c’è nessuna rete di protezione là sotto.
Per questo l’assicurazione di Gesù colpisce e consola: la volontà del Padre è che lui «non perda nulla» di ciò egli gli ha dato. In quel «nulla» c’è la cura per ciascuno di noi. Gesù non «caccia» nessuno: tutti noi, in lui, troviamo riparo, ascolto, incredibile comprensione. Ci capisce e non se ne va. Ci vede e ci sente e, invece che scappare per i suoi affari, resta lì, sorridente, con noi e per noi.