Ai bulli – Gv 16,5-11

Ai bulli – Gv 16,5-11

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

Il mondo si divide in due categorie: i bulli e quelli che dai bulli le prendono.

Con una certa sicurezza penso di poter affermare che Gesù appartenga decisamente alla seconda categoria. Egli dai bulli le ha prese, anzi, ne ha prese proprio tante. E un po’ come succede quando si bisticcia tra bambini, anche lui, dopo aver subito le angherie dei prepotenti, andrà a cercare aiuto per vendicarsi.

Gesù si sta preparando ad affrontare i bulli per l’ultima volta. Sa che gli faranno molto male, anzi tutto il male che si possa scaricare su un uomo. Ma spiega ai suoi discepoli che questa violenza non resterà impunita perché lui andrà dal Padre e poi manderà pure il suo Avvocato (che in greco si dice Paraclito), per riaffermare i suoi diritti lesi.

Eppure Gesù interpreta la vendetta in maniera strana. Infatti il suo Avvocato, invece di cercare giustizia per il suo assistito si prenderà cura dei bulli, proprio come hanno fatto Padre e Figlio.

Il Paraclito sussurrerà al loro orecchio che il peccato è il credere di poter dire “io” senza conoscere Dio; che la giustizia è il farsi piccoli, fino a sparire, per lasciar crescere l’altro; che il giudizio finale sulla storia del mondo è stato scritto per sempre con l’inchiostro della misericordia.

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