Vera unità – Gv 17,20-26
In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».
Commovente che Gesù preghi per noi. Proprio noi, oggi, nel 2024, cioè quelli che hanno creduto (o ci provano) attraverso la parola degli apostoli. Per noi invoca l’unità: «tutti siano una cosa sola».
Ma attenzione, aggiunge anche: «come tu, Padre, sei in me e io in te». Sì, perché il tema dell’unità ha creato nella storia grandi fraintendimenti. Apparentemente, unità è anche quello che invocano le grandi dittature, unità è la parola-pretesto per ricerche di pace che comprendono la violenza e la guerra, unità è stato pure il motore di misure coercitive e antidemocratiche. Ecco perché Gesù lo specifica: siano uniti come siamo uniti noi.
Il Padre e il Figlio sono uniti, ma al tempo stesso rispettano in maniera assoluta le differenze di ciascuno. Perché unità non significa omologazione. Per noi, invece, le due cose sono molto vicine. Facciamo fatica a pensare a un’armonia fatta di diversità: lo dimostra il fatto che non riusciamo a non risolvere i problemi se non pensando a un vinto e a un vincitore, a uno che ci rimette e uno che ci guadagna.
L’unità per cui Gesù stesso prega per noi non è nemmeno solo il buon sentimento del “sentirsi vicini”. No, si tratta di qualcosa di molto serio, molto impegnativo. Richiede lo sforzo di fare un passo indietro, di ascoltare un minuto in più, di accogliere dentro di sé il parere che non condividiamo. E, in questo modo, il dialogo potrà costruire ponti di unità. Quella vera.