L’incompiutezza del vangelo – Gv 21,20-25

L’incompiutezza del vangelo – Gv 21,20-25

In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

La conclusione del vangelo di Giovanni che leggiamo oggi è un finale che ci lascia un po’ interdetti, perché incompiuto: ci viene detto che ci sarebbero state molte altre cose da scrivere, ma non è stato fatto. Siamo dunque destinati a restare all’oscuro di qualche insegnamento di Gesù? Non credo.

Perché «la parola di Dio è viva» (Eb 4,12), non è lettera incisa sulla pietra in modo immutabile, ma è una verità che ci si rivela poco alla volta sempre di più ogni volta che la rileggiamo: se ci lasciamo interpellare dai tempi che viviamo e dal quotidiano che affrontiamo; e se ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo in una comprensione via via più autentica e profonda della buona notizia che è il vangelo, cioè dell’Amore gratuito e fedele che Dio ha per ciascuno di noi.

Quell’amore che il «discepolo amato» aveva capito in modo “speciale” tra tutti i discepoli e che ci sostiene e ci attende fino al ritorno del Signore.

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