Il grande allenatore

Il grande allenatore

Così come era iniziato, si conclude il vangelo di Matteo: il brano scelto per questa solennità della Santissima Trinità (Mt 28,16-20) ci ricorda che l’Emmanuele, il dio con noi, lo sarà per sempre, fino alla fine del mondo. La vita di Gesù non è stata una parentesi nella storia, qualcosa di bello ma che si è concluso. La vita di Gesù, la sua morte e resurrezione, sono la conferma dell’amore di Dio per l’umanità: la via di accesso perché a tutti sia data la possibilità di vivere dello stesso amore che è generato dalla relazione trinitaria tra il Padre e il Figlio nello Spirito. Nell’umanità di Gesù è stata fissata per sempre la condizione perché la vita di ogni uomo e ogni donna possa incontrarsi con la vera immagine di Dio. Il potere di Gesù è proprio quello di collegare definitivamente il cielo e la terra, permettere che vi sia una via di accesso al cuore di Dio percorribile per sempre e in ogni momento. Gesù si fa vicino alle nostre debolezze, alle nostre incredulità per accompagnarle e sostenerle: non si scandalizza del dubbio dei discepoli che, pur avvendo accolto l’invito ad andare in Galilea, non sono ancora sicuri di quello che hanno vissuto e dell’annuncio che hanno ricevuto dalle donne. Pur vedendolo risorto, dubitano ancora: un po’ come quei bambini che non credono di aver ricevuto il regalo tanto atteso e desiderato. Il dubbio fa parte dell’esperienza di fede e se vissuto con sincerità, nella convinzione e nell’attesa che possa essere colmato, diventa motore importante di ricerca, ma anche energia vitale da mettere nell’annuncio: chi pensa di potersi fare annunciatore del vangelo solo dopo aver compreso tutto, ha capito poco dell’esperienza cristiana e soprattutto non si fida ancora del volto di Dio annunciato da Gesù.

Come i recenti successi del calcio insegnano, la splendida affermazione della provinciale Atalanta sul palcoscenico europeo, si diventa i più bravi, non perché si sia i più forti, ma semplicemente perché si impara a essere squadra: senza timore di essere blasfemi, questa prospettiva si può applicare anche alla realtà della comunità ecclesiale: i discepoli che vengono inviati a fare di tutti i popoli una nazione santa, non sono i migliori. Hanno ancora dubbi, portano con sé la ferita di essere rimasti in undici, di non essere stati capaci di conservare l’unità, eppure proprio loro vengono inviati perché imparino a essere squadra fidandosi degli schemi tracciati dal loro allenatore.

Se hai incontrato un allenatore che ti ha fatto vedere concretamente, con la sua vita e i suoi insegnamenti, che è possibile praticare un certo tipo di gioco, allora, quando scendi in campo, ti diverti e può perfino accadere che continui a divertirti anche se alle volte perdi.

Non è necessario essere i migliori se si può diventare bravi a fare quel tipo di gioco che alla fine di ogni partita ti fa semplicemente dire che ne è valsa la pena, senza recriminazioni, scuse o facili giustificazioni.

Gli schemi di Gesù sono quello che lui ci ha comandato, quello che lui ha messo costantemente in campo con la sua vita, le sue scelte e le sue parole: attraverso tutto questo abbiamo la possibilità di vedere come funziona il gioco dell’amore praticato da Dio. Non solo: abbiamo la possibilità di sperimentarlo e viverlo, abbiamo la possibilità di farne parte e gustarne a pieno le potenzialità.

Siamo scalcinati e feriti, un po’ claudicanti e sofferenti: abbiamo spesso molti dubbi sulla possibilità che un certo tipo di gioco ci possa portare al successo, ma se impariamo a fidarci dell’unico allenatore che sa davvero valorizzarci per quello che siamo, riusciremo sicuramente a trovare la nostra collocazione in campo, quella che possa aiutarci a esprimere al meglio le nostre potenzialità.

Si può diventare una squadra credibile e che suscita entusiasmo fidandosi di un allenatore che non ti chiede di dare tutto sul campo senza averti fatto vedere prima come si fa.

Il nostro allenatore è credibile non perché ci mostra la via sicura per arrivare a vincere e ad avere successo ad ogni costo, ma perché sa indicarci la strada per conservare il gusto del senso profondo del gioco anche quando si deve affrontare una sconfitta: questo è il modo migliore per risollevarsi ogni volta e diventare davvero bravi a giocare.

Nulla di segreto negli schemi di Dio: soltanto la voglia di lasciarsi stimolare dallo Spirito e giocare la partita, guidati sul campo dal Figlio che non rinuncerà mai al suo ruolo di allenatore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0Shares