Il pane e il vino

Il pane e il vino

Il pane buono e il frutto della vite che richiama una festa senza fine: questi i segni che Gesù lascia ai suoi parlando del suo corpo offerto e del suo sangue versato per i molti che vorranno accoglierli e condividerli. Questo il racconto che ci propone il vangelo di Marco in questa domenica del Corpo e Sangue di Cristo (Mc 14,12-16.22-26). Il contesto è quello dell’ultima cena, un contesto di benedizione e di festa, il momento più bello per poter annunciare il dono che porta salvezza all’umanità, incastonato però tra il tradimento di Giuda e l’annuncio del rinnegamento di Pietro.

Da un lato Gesù che nell’offrire il pane e il vino annuncia il significato di quello che andrà a compiere sulla croce, dall’altro i discepoli che non capiscono e che anzi rifiutano la logica del dono. Il dono implica sempre un coinvolgimento vero nel momento in cui viene accolto, anzi, si può quasi  dire che un dono vero, per essere tale, chiede di essere preparato nell’animo di chi lo fa, ma anche di chi lo andrà a ricevere. Gesù conosce l’intimo dell’uomo, conosce il suo bisogno di essere coinvolto e di sentirsi protagonista, per questo motivo non fa mai nulla di importante senza coinvolgere in qualche modo i suoi discepoli: qui ne invia due a preparare la sala nella quale, insieme a tutti gli altri, vivranno la celebrazione della Pasqua, la festa più importante dell’anno. Non esiste vera eucaristia senza il coinvolgimento di una comunità: niente di magico, qualcosa da invocare, adorare e subire, ma una realtà che chiede di essere accolta in maniera attiva e nella condivisione. Potrebbe essere altrimenti il dono di un Dio disposto a condividere la propria realtà con quella di ogni persona?

I fatti di cronaca di questa settimana ci parlano ancora di corpi, soprattutto femminili, che vengono prima uccisi e poi, spesso straziati: i protagonisti di questi crimini sono uomini che pensano di essere capaci di amare e che invece sperimentano tutta la logica del possesso che non può mai entrare nella dinamica delle relazioni senza deturparle. Amare significa spossessarsi, donarsi, suscitando nell’altro il desiderio di essere coinvolto nella stessa dinamica: lasciare che l’altro diventi partecipe del mio desiderio perché diventi desiderio comune. Imparare a desiderare insieme. Se non si accetta questa logica si finisce per tradire, per fare dell’altro un oggetto da rifiutare e respingere, oppure da consegnare e distruggere.

Gesù ci mette a disposizione il pane e il vino perché in essi sia possibile riconoscere la presenza del lavoro dell’uomo, del nostro coinvolgimento: non utilizza alimenti grezzi, ma cibi lavorati che devono essere preparati. Utilizza ancora una volta la forza della piena condivisione con la natura umana che ha scelto di assumere: sollecita il nostro desiderio per aiutarci a comprendere quello che sta per fare, affinché ci sentiamo coinvolti e non lontani spettatori. Il pane e il vino diventano segno di un corpo donato per amore, di un corpo che per amore viene spezzato e condiviso perché vada a nutrire ciò che di più umano è in noi.

L’amore malato distrugge i corpi degli altri, l’amore vero mette a disposizione il proprio corpo perché diventi pane buono e vino per la festa di molti.

In questa domenica del Corpus Domini, allora, festeggiamo non solo l’istituzione del sacramento dell’eucaristia, ma anche la bellezza del corpo di Cristo che è la chiesa quando è comunità viva che coltiva il desiderio di lasciare che le relazioni si costruiscano a partire dal dono reciproco. Ma possiamo davvero pensare di essere dono se non ci sentiamo pane e vino, se non coltiviamo anche noi l’idea di poter diventare nutrimento gli uni per gli altri? Come possiamo sentirci pane e vino se prima non ci lasciamo coinvolgere dai preparativi necessari perché il pasto possa essere consumato insieme?

Niente di magico nell’amore, niente di magico nell’eucaristia. Nulla da possedere nell’amore e nulla da possedere nell’eucaristia. Niente da conquistare nell’uno e niente da conquistare nell’altra. C’è solo da imparare a condividere il pane e il vino per diventare sempre più capaci di donarsi reciprocamente la vita e riconoscere che i nostri corpi sono il primo strumento che abbiamo tutti a disposizione per amare davvero.

Se non ci alleniamo a farlo, però, possono diventare anche il primo strumento attraverso cui distruggere la vita degli altri.

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