Al bordo della strada
Colpisce l’insistenza con cui, nel vangelo di questa XXX domenica del tempo ordinario (Mc 10,46-52) Bartimeo, il cieco, continua a gridare. Nonostante cerchino di farlo tacere, sapendo del passaggio di Gesù lungo la strada, lui che è ai bordi della strada a mendicare, chiede che Gesù abbia pietà di lui, lo fa a voce sempre più alta, cercando di attrarre la sua attenzione, l’attenzione di qualcuno che lo porti al centro della strada dove poter incontrare il Figlio di Davide.
Qualcuno pensa che sia il caso di farlo smettere: perché disturbare un personaggio famoso? Perché lasciare spazio a chi disturba, a chi vuole un attimo di notorietà e pretende l’impossibile?
Chi grida il proprio dolore e la propria condizione di marginalità crea disagio; chi lo fa per avere l’attenzione di chi lo può aiutare, dà ancora più fastidio perché pretende quello che la nostra società è disponibile a offrire solo come generosa concessione. Disponibili ad aiutare chi non dice nulla e se ne sta buono e tranquillo, diventiamo subito sospettosi nei confronti di chi grida e pretende un aiuto.
Bartimeo fa quello che la sua fede gli ha insegnato: tutta la storia di Israele dice che il Signore risponde al povero che grida e che confida in lui. Gesù lo fa chiamare perché colpito da un grido sincero, dal grido di chi vuole essere davvero guarito. C’è da chiedersi quanto crediamo davvero in questa possibilità, quanto siamo disponibili a perdere il controllo per ottenere l’unica visibilità che merita di essere cercata con insistenza: quella che ci porta a stare davanti a Dio con tutto noi stessi.
Il vangelo, però, sembra suggerirci anche un’altra importante verità: il nostro grido è necessario per riformulare il nostro rapporto con Dio, ma se non c’è chi sostiene il nostro coraggio, lo sforzo potrebbe risultare vano.
Qui la folla da possibile ostacolo che allontana il cieco da Gesù, diventa il tramite necessario perché l’incontro avvenga davvero: se all’invito di Gesù non corrispondesse il farsi tramite di qualcuno che sostiene la ricerca di Bartimeo, la guarigione non potrebbe avvenire.
«Coraggio! Àlzati, ti chiama!»: sono queste le belle parole che dovrebbero diventare il sostegno che la chiesa e la comunità cristiana mettono a disposizione di tutti coloro che, a partire dalla propria povertà e miseria, hanno il coraggio di porsi una domanda vera sulla presenza di Dio nella propria vita. Se viene a mancare chi dal bordo della strada si fa tramite affinché tutti possano avere la possibilità di incontrare il Signore che passa, la storia della salvezza di qualcuno potrebbe diventare molto diversa.
Bartimeo ha il coraggio di gettare via il mantello, la sua unica ricchezza e sicurezza, quella che nessuno poteva togliergli come difesa dal freddo e dalla notte, proprio perché ha trovato qualcuno che sostiene il suo coraggio: non è ancora stato guarito e non ha la certezza che lo sarà davvero, ma finalmente qualcuno gli ha rivolto la parola, una parola di speranza, una chiamata che viene sostenuta, per la prima volta, da parole efficaci e credibili: il tuo coraggio è stato premiato e tutti finalmente lo riconoscono.
Le nostre comunità dove si collocano? Sappiamo sostenere il coraggio di chi grida, di chi cerca di emergere dall’anonimato per incontrare Dio, oppure facciamo parte di quella folla che vuole mettere a tacere i disturbatori, normalizzare sempre tutto, perché tutto rimanga immobile e sempre uguale a se stesso?
Il venire alla luce di Bartimeo è l’espressione del suo desiderio più profondo, diventa però anche l’immagine del cammino del discepolo che sa di avere bisogno di essere liberato dalla propria cecità grazie all’azione di Gesù.
Diventiamo discepoli quando, con coraggio, sappiamo gridare il nostro bisogno senza vergogna, quando incontriamo fratelli e sorelle che sostengono il nostro desiderio di stare davanti a lui con verità.
Quando nessuno si scandalizza di un grido che proviene dal bordo della strada lì nasce la chiesa.
Quando ci aiutiamo a prendere sul serio il grido l’uno dell’altro stiamo diventando chiesa.