Invisibile e vitale – Lc 13, 18-21
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Quando ero in noviziato mi sentivo pervaso da una strana sensazione di libertà. Mi percepivo ispirato. In realtà, avevo la testa piena di quelle che poi avrei riconosciuto come “pie illusioni” o, appunto, “illusioni da novizio”. In ogni caso, ricordo che una mattina condivisi con il maestro un’immagine che reputavo – poveretto me! – singolarmente intelligente.
Si ragionava sul sacro Cuore, mi pare. E io dissi che il cuore, nella persona umana, deve restare invisibile. Se si vede il cuore di qualcuno, non è un buon segno: significa che la persona è morta, perché l’organo cardiaco ha perso la sua funzione di pompa di sangue per tutto l’organismo. O, al massimo, che la persona è operata, appunto, “a cuore aperto”. Il maestro sorrise con pazienza a questa immagine e mi disse che sarei dovuto divenire un po’ meno anatomico e cruento nelle mie “ispirazioni di novizio”.
Aveva ragione. Ma riprendo quell’immagine, perché la piccolezza del regno di Dio di cui ci parla Gesù oggi mi pare che funzioni come un cuore nel corpo. Il regno è bene che resti invisibile e piccolo, come un granello di senape. Questa piccolezza lo rende vitale per il mondo intero. I segni di amore che scorgiamo o che mettiamo in atto è importante allora che restino silenziosi e piccoli, come qualcosa di davvero prezioso.
Il regno di Dio, l’amore che vince, si renda visibile solo perché dà riparo agli uccelli del cielo. Ovvero: si rende visibile unicamente nei frutti del suo servizio. Di quest’albero non è detto nulla di più: né se è bello, brutto, alto, basso, contorto, dritto… niente.
Semplicemente, è un albero che dà riparo. E questo lo rende magnifico. Non serve una parola di più.