Valori che liberano – Lc 17,7-10
In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Un valore, dal punto di vista antropologico, è stato definito da qualche studioso come un “ideale astratto, durevole, transituazionale”, cioè valido in ogni situazione. Quindi un valore è tanto più grande e profondo quanto più la persona percepisce che non è sé stessa a darselo, ma che, in qualche modo, esso viene dall’esterno. In altre parole, quanto più un valore ha la forza del kantiano TU DEVI, tanto più è un valore stringente e autentico (ancor prima che “buono” o “cattivo”).
Ma quindi i valori negano la nostra libertà? No, perché nessuno ce li dovrebbe imporre dall’esterno, ma dovrebbero essere scelti dalla propria coscienza, abbracciati da quella luminosa libertà che abbiamo tutti in cuore. Ma questo non significa che siano manipolabili dalla stessa coscienza. Sono optabili, ma non modificabili, se sono valori autentici.
Facile il discorso in teoria, molto complicato nelle nostre vite quotidiane. Ma mi piace pensare che quell’evangelico «abbiamo fatto tutto quanto dovevamo fare» significhi un po’ questo: siamo liberi, liberi di cogliere i valori che più ci convincono e ci parlano, ma, in ogni caso, dobbiamo spendere la nostra libertà. La nostra libertà ci chiede di agire realmente, senza essere utilizzata come scusa per rimanercene fermi, ricchi di una falsa onnipotenza che, alla fine, è nullafacenza.