Anestetizzati – Mc 1,40-45

Anestetizzati – Mc 1,40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Forse la compassione ha una bellezza molto più grande della passione. La passione, sia essa sofferenza che schiaccia o sogno che fa correre, porta chiunque a girarsi e a rimanere sconvolti o sorpresi. Ma la compassione non ci lascia solo spettatori della sofferenza o dello slancio altrui, ma ci coinvolge. La compassione la vive chi si lascia contagiare, chi non mantiene distanze di sicurezza, chi non si difende con le sue ragioni, chi non si chiude nei suoi recinti sicuri con allarmi e videosorveglianza, chi non mette telecamere al citofono per selezionare chi può entrare e chi no, chi non mette filtri, barriere, muri, steccati, dogane…

Oggi la medicina antalgica fa passi da giganti. E oltre a spegnere il dolore che affiora nella nostra vita, riusciamo a non sentire anche quello degli altri. Mettiamo sotto il tappeto l’urlo degli altri. Infastidisce. Disturba. Rallenta. Già non dormiamo, con la vita che facciamo. Non possiamo lasciarci togliere il sonno anche dai problemi altrui. E poi –siamo convinti – molti ormai piangono per professione. Non c’è dolore vero nella loro richiesta.

Oggi anche nelle nostre città, sulle vie principali, ci sono poveri che per scuotere la nostra indifferenza, voluta e giustificata, si prostrano, si inginocchiano, proprio come questo lebbroso che soffre l’inferno della solitudine. Siamo anestetizzati. Abbiamo smorzato il dolore nostro che ci potrebbe aiutare a rivedere le nostre priorità. Ma non lo sentiamo più.

Abbiamo tolto la voce al dolore degli altri che ci donerebbe un po’ della vera grandezza. Ci donerebbe un po’ di quel fascino che non cerchiamo più. Gesù, figlio di Davide, abbi compassione anche di noi. E donaci un po’ del tuo cuore.

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