
Dalla cima del monte alla storia
Mentre prega sul monte, Gesù cambia di aspetto, la sua veste diviene candida e sfolgorante: nella gloria appaiono Mosè ed Elia che conversano con lui parlando del suo cammino che troverà compimento a Gerusalemme. Sono questi gli elementi che il racconto di Luca (Lc 9,28-36) mette in risalto riportando l’episodio della Trasfigurazione. A questa scena prendono parte anche i discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, prima senza accorgersi di nulla perché oppressi dal sonno, poi frastornati spettatori di qualcosa che non riescono a capire. In questa seconda domenica di Quaresima, come i discepoli, veniamo invitati a destarci dal sonno, a vincere la paura di entrare nella nube e accogliere la voce del Padre che ci invita ad ascoltare suo Figlio, l’eletto. Di fronte a Gesù solo, siamo chiamati a riconoscere la sua realtà di Figlio amato e a chiederci quale vogliamo che sia la nostra identità: nella preghiera Gesù viene trasfigurato e confermato nella sua missione; proprio nel silenzio iniziale in cui si raccoglie sul monte, trova le condizioni per guardare alla propria vita come l’esito felice e luminoso del progetto del Padre annunciato dalla legge (Mosè) e dai profeti (Elia). Per un istante la fatica, il dolore e la morte, vengono scavalcati per impedire che si trasformino in un peso eccessivo da portare. Nulla sarà tolto, ma ricordarsi a quale realtà si è destinati è movimento dell’animo fondamentale per dire sempre il proprio sì alla vita. Nella preghiera siamo invitati a cercare momenti di trasfigurazione, momenti di dialogo intenso con la Scrittura per arrivare a sentire anche su di noi la verità del progetto del Padre; nella preghiera possiamo intravvedere la verità sul nostro futuro di Figli. Solo Gesù ci rivela che questa possibilità è vera anche per noi. Senza preghiera finiamo per addormentarci o, se veniamo svegliati da qualcosa di straordinario e inaspettato, rischiamo di non comprenderlo a pieno e di non riuscire a integrarlo veramente nella nostra vita. Il Signore, invece, vuole che partecipiamo alla sua trasfigurazione per riuscire a ritornare alla quotidianità con l’energia che proviene dalla convinzione di avere chiaro il nostro destino insieme a lui. Se però, non ci diamo il tempo della preghiera e della riflessione, tutti gli avvenimenti della vita finiranno per accavallarsi generando solo stanchezza e oppressione. Tanta stanchezza nelle persone, oggi, nasce proprio così, da una sorta di disordine interiore dove i fatti si accavallano e dove si segue, come priorità, solo il criterio dell’urgenza. Non si riesce a dare un senso alle giornate perché non ci si dà più il tempo di leggerle e interpretarle, di guardarci dentro per provare a riconoscere il filo rosso che ci lega al passato e la direttrice che spinge verso il futuro.
Se il paragone non fosse blasfemo, potremmo pensare alle tante spinte che oggi portano a chiudersi in una visione parziale e ristretta: senza preghiera si chiudono le prospettive e si finisce per ripiegarsi in se stessi rispondendo solo ai propri bisogni e alle proprie necessità. Come in una stupida guerra dei dazi che provoca una spirale di ritorsioni dove, credendo di generare le condizioni di benessere per se stessi, si finisce per impoverire gli altri senza guadagnarci nulla.
Se alle volte, come Pietro, sentiamo la tentazione di chiedere di poterci ritirare sul monte, accogliamo come salutare l’invito a scendere con lui in mezzo alla nostra storia e in mezzo alla storia dell’umanità del nostro tempo e pazienza se ci sarà chiesto di tacere per qualche giorno: forse è proprio quello di cui abbiamo bisogno per iniziare a leggere in maniera trasfigurata la nostra vita.