Ristoro lavorando – Mt 11,25-30

Ristoro lavorando – Mt 11,25-30

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

E’ diventata ormai mainstream la frase di Confucio, ripresa da Steve Jobs, sulle passioni e la professione: “fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”. Nasconde una profonda saggezza.

Prima di tutto, che nella vita non si può non faticare. E’ inevitabile, mettiamoci il cuore in pace: c’è la da lavorare (dal latino “labor”, cioè, appunto, “fatica”).

Tuttavia questa fatica può essere pesante o “leggera”, come ci dice Gesù. Da cosa dipende? Il vangelo di oggi ci indica due elementi, legati tra loro. Il primo e più importante è la compagnia: con chi fatichiamo? Se stiamo nel “giogo” con Gesù, se cioè agiamo in coppia con lui, allora il “labor” è “dolce”.

Questo perché, in secondo luogo, stare al giogo con qualcuno altro significa anche – scusate il giorno di parole – stare al suo gioco. Bisogna andare alla sua velocità, bisogna assumere il suo ritmo, la sua visione del lavoro. Se in un giogo un bue va avanti e l’altro resta fermo, il lavoro non viene fatto. Anzi, il giogo rischia di rompersi…

Quindi – e questo è il secondo elemento – stare al giogo/gioco con Gesù significa assumere la sua “mitezza”, la sua “umiltà di cuore”. Sì, d’accordo: quella frase, alle nostre orecchie contemporanee, può suonare un po’ come una vanteria. Ma in realtà è un regalo: il Signore ci regala la sua semplicità.

La semplicità di Gesù è affascinante perché lo rende un uomo presente. Oggi la mindfullness ci parla di “stato di presenza”: ecco, possiamo dire che Gesù è un grande esempio di presenza a se stesso. Egli non si perde nel dedalo dei propri pensieri, non è prigioniero dei propri timori… ha orecchie aperte e cuore spalancato.

Dio voglia che anche noi possiamo essere così semplici. Così uomini.

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