Convertirsi all’ovvio
Dove sta la vera sorpresa ogni volta che accade qualcosa di ovvio e tutti la accolgono come la realtà più strordinaria del mondo? Nella cosa in sé o nel fatto che non si abbia presente che certe cose accadono? Anche quest’anno, come ogni anno, è arrivato il freddo e addirittura da qualche parte la neve.
Rimango sempre straordinariamente colpito dall’enfasi con cui i mezzi di informazione sottolineano i passaggi climatici mettendo grande insistenza sul fatto che in inverno arriva il freddo e che in estate invece può fare caldo. Se ci sorprendiamo del caldo a luglio e delle basse temperature a dicembre, tanto da farne notizie da prima pagina, allora qualcosa non funziona: pazienza quando in estate i giornali e i notiziari fanno fatica a riempire spazio e tempo con notizie abbastanza intriganti, cercando di uscire dal torpore della canicola che sembra rallentare ogni espressione vitale, ma pensare che ciò accada a dicembre e in un momento in cui le notizie non mancano, mi colpisce e mi suscita una riflessione.
Non è che abbiamo bisogno di sorprenderci dell’ovvio per ricordarci che la vita è fatta in gran parte di cose che si ripetono e che questo ripetersi costante ma sempre nuovo rappresenta in gran parte una delle ricchezze più straordinarie della nostra esistenza?
Come ogni anno, all’inizio dell’Avvento, in questa seconda domenica dell’anno B, secondo il racconto che ne fa il Vangelo di Marco (Mc 1,1-8), ci viene presentata la figura di Giovanni il Battista: rimaniamo sorpresi e colpiti da questo personaggio così austero. Ma cosa potremmo aspettarci da uno che passa il suo tempo a gridare nel deserto e che veste di peli di cammello, mangiando cavallette e miele selvatico? Niente di diverso da un richiamo forte e convinto alla conversione. Puntualmente, ogni anno, ci sentiamo ripetere le stesse parole e puntualmente, ogni anno, rimaniamo sorpresi dal fatto che abbiamo davvero bisogno di conversione.
Come il caldo d’estate e il freddo d’inverno, Giovanni si riaffaccia sulle nostre vite per ricordarci che la conversione è una realtà da cui è necessario ripartire sempre, perché in ogni momento della vita c’è qualcosa in noi che aspetta di essere reindirizzato in modo differente.
Il deserto da cui grida Giovanni è luogo di forti contrasti, luogo inospitale e che appare poco congeniale alla vita, eppure le assomiglia molto: i nostri giorni sono pieni di atteggiamenti, parole e fatti contraddittori che si svelano per quello che sono quando siamo messi di fronte all’essenziale: Giovanni ci invita ad andare nel deserto per aiutarci a riprendere in mano la nostra vita.
Questo è il vero inizio del Vangelo che Marco ci propone: per gustare il nuovo che ci sorprenderà, abbiamo bisogno di fare i conti con l’ovvio che c’è in noi. Dare per scontato il fatto di essere abitati dal peccato, riconoscere la presenza del male come qualcosa di superfluo che continuamente si ripete e su cui non possiamo fare nulla è un’ammissione di colpa che non ci fa onore.
Riconoscere che ovviamente il peccato in noi si ripete con sconcertante puntualità, ma che da questo peccato abbiamo l’occasione di allontanarci attraverso la conversione e la richiesta di perdono, è l’inizio di un cammino di vita davvero più sincero e profondo.
Nella sua straordinarietà la figura di Giovanni ci invita a prendere sul serio l’ovvio della nostra realtà umana: siamo peccatori, incapaci di smuoverci da soli dalle nostre cattive abitudini, se non c’è qualcuno di credibile che ci chiama a camminare con speranza dentro a quel tratto di deserto che anche a noi toccherà percorrere.
Se non ci fosse questo appello alla conversione che si ripete ogni anno, in tutta la sua evidenza in Giovanni, ma che non manca di innervare con costanza tutto il Vangelo, saremmo tentati di andare alla ricerca di esperienze straordinarie che possano sostenere il nostro cammino di fede, dando adito alla convinzione che l’inizio di un rapporto continuativo con Dio passi attraverso qualcosa di sorprendente che ci stravolge la vita. Non dico che non possa accadere, ma il vero inizio di un rapporto costante con la buona novella del Vangelo passa sempre e in ogni momento in cui ne abbiamo bisogno, dalla presa in carico della propria realtà di peccato attraverso una sincera richiesta di perdono.
Siamo un po’ spaventati dal ripetersi di certe realtà e in un clima dove tutti gridano al cambiamento continuo senza cercarlo veramente, diventa difficile apprezzare certe possibilità che si ripetono con costanza, per nostra fortuna. Dobbiamo dirci senza finzione e ingenuità che facciamo il male, ma con altrettanta convinzione dobbiamo ammettere che costantemente ritornano possibilità di conversione e cambiamento.
La fatica di andare nel deserto non ce la può togliere nessuno, ma per ogni vero cambiamento è richiesta fatica, in particolare quella di riconoscere qualcosa di ovvio che abbiamo sotto agli occhi, ma che rifiutiamo di vedere.
Mi duole ammetterlo: la mia sorpresa di fronte al modo di comunicare certe notizie ovvie è proprio sbagliata. Dentro all’ovvio ripetersi di certe realtà è custodita la possibilità di un nuovo inizio e questa è davvero una notizia da prima pagina. Ci sono cose che si ripetono che ci fanno male, ma ci sono cose che si ripetono di cui abbiamo estremo bisogno per ricominciare. Anche quest’anno, per fortuna, è tornata la neve in inverno.
Ovvio.