Elogio della piccolezza – Mt 11,25-30
In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Può essere così semplice? «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi»: sta parlando davvero a me?
Sono stanco e oppresso? Da cosa? Dalle relazioni che vivo, dal periodo sociale che affronto, dal covid, dallo studio dal lavoro, dalle mie paure e le mie piccole-grandi ossessioni…
E cosa mi offre Gesù? «Prendete il mio giogo sopra di voi»: lavorare! Ma c’è qualcosa di diverso: lavorare con lui. Ma se faccio così, divento un «piccolo»… Se accetto di essere oppresso e se divido il mio lavoro con Gesù significa che da solo non ci riesco, che necessito di aiuto, che sono fragile e incompleto…
E se fosse questa benedetta piccolezza la vera chiave? La chiave necessaria per disinnescare la mania di gareggiare, di dover essere sempre, in un modo o nell’altro, “a posto”…
Certo serve coraggio, ma può essere davvero così semplice. Una piccolezza donata e accolta per scoprire la gioia della gratitudine. Forse l’unica cosa che conta davvero.