Se non ora, quando? – Gv 17,1-11a
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:
«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.
Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».
Chiara Corbella Petrillo affermava che «il Signore mette la verità in ognuno di noi; non c’è possibilità di fraintendere».
Nella vita di ogni persona arriva il momento in cui, con estrema chiarezza, si avverte la propria verità, ci si sente afferrati da essa e la si compie, costi quel che costi. Nel vangelo di Giovanni questo tempo è chiamato «ora», il momento decisivo in cui Gesù sboccia alla sua identità più autentica, l’istante cruciale in cui Egli, preso coscienza della propria missione, lascia tutto e si consegna a essa.
Possiamo incidere in tanti modi nella storia, fare del bene a molti, eppure se non saremo entrati nella nostra «ora» moriremo come “quasi”. Rimanere sulla soglia dell’«ora» è, infatti, la tentazione forse più insidiosa per ogni uomo, il rinnegare la verità che si è, forse perché poco stimata dal mondo, e abbracciarne un surrogato, magari invidiato dagli altri, ma che, in fondo, lascia sempre un po’ di amaro in bocca.
Al contrario, scoprire qual è la propria missione, la peculiare chiamata alla vita piena che Dio ci offre, e realizzarla è il regalo più bello che possiamo fare a noi stessi e ai nostri fratelli.