Libero

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Esistono anche le belle notizie: Patrick Zaki è libero, meglio, la sua vicenda giudiziaria è ancora lontana dal chiudersi, ma intanto ha potuto godere della possibilità di tornare a casa e di attendere i prossimi sviluppi confortato dall’affetto della sua famiglia e di chi gli vuole bene. Nelle sue prime dichiarazioni ci ha tenuto a ringraziare l’Italia, ma quello che mi ha colpito di più è che abbia espresso il desiderio di tornare a Bologna per completare il suo ciclo di studi, continuando a occuparsi di quelle cose che, volenti o nolenti, sono state all’origine della sua paradossale vicenda.

Pochi ricordano che il crimine di cui è imputato riguarda il fatto di aver diffuso notizie giudicate false dal governo egiziano, inerenti alla condizione delle minoranze cristiane copte. Si potrebbe già eccepire sul fatto che uno venga giudicato per reati di opinione, ma che dire del fatto che uno venga incriminato per avere diffuso notizie che tutti sanno essere vere? I cristiani copti, come la maggior parte delle comunità cristiane che vivono in condizioni di minoranza, soffre di continue persecuzioni: questo è un dato che noi, comodamente seduti davanti al nostro computer, dovremmo ricordare un po’ più spesso e per il quale dovremmo anche pregare con maggiore convinzione.

Ma torniamo alle parole di Zaki che sembrano offrire la risposta più naturale a quella domanda che il Vangelo della terza domenica di Avvento (Lc 3,10-18) ci porta attraverso l’incontro tra alcune categorie di persone e Giovanni il Battista: che cosa dobbiamo fare?

Le folle, i pubblicani e poi i soldati, fanno tutti la stessa domanda. Pongono una di quelle domande vere che ormai non siamo più capaci di fare a noi stessi con onestà. Tutti presi dal desiderio di realizzazione personale, non facciamo più domande oneste, ci accontentiamo di chiedere per ottenere informazioni o per avere qualche vantaggio, ma chiedere, in attesa di ricevere una risposta da chi ne sa più di noi, non è più un esercizio praticato con continuità.

Le categorie di personaggi che vanno incontro con umiltà a chi hanno percepito essere sicuramente migliore di loro, desiderano sapere davvero da Giovanni cosa possano fare per convertirsi.

Le risposte sono altrettanto oneste e degne di un ragionamento specifico: il Battista invita semplicemente a vivere quello che si è. Si tratta però di farlo con verità e onestà, concedendosi la possibilità e non il lusso, di vivere la propria realtà nel modo migliore. A nessuno viene chiesto di cambiare lavoro, eppure ci troviamo di fronte a due delle categorie più disprezzate e temute del tempo, gli esattori delle tasse e i soldati, a tutti costoro, però, viene proposto di scegliere il modo di vivere quello che sono. Viene fatta una proposta molto concreta e alla loro portata: una di quelle proposte che, se rifiutata, mette in luce la mancanza di desiderio vero di cambiamento.

Il cammino che porta all’incontro con il Signore, colui che verrà davvero a vagliare le intenzioni più profonde dei cuori, parte dunque da qui: fare bene quello che si sta facendo; credere fermamente nella possibilità che in qualsiasi circostanza sia possibile scegliere il bene.

Per lasciare che la luce del Natale entri davvero nella nostra vita dobbiamo prendere sul serio la domanda su ciò che possiamo fare, perché c’è un fare il bene che aspetta dentro alle realtà quotidiane del vivere, un fare bene le cose della nostra vita che ci mette in condizione di scegliere il meglio.

Il gusto di chiederci che cosa possiamo fare, senza rimandare continuamente a un tempo indefinito e migliore la possibilità di vivere con onestà il nostro lavoro, il nostro studio e le nostre relazioni, definisce con chiarezza la qualità della libertà che vogliamo scegliere.

Nella risposta di Zaki, nel suo desiderio di tornare a fare bene quello che è capace di fare, mi sembra di leggere un senso bello e fecondo della parola libertà, proprio di chi ne ha fatto esperienza dell’assenza.

Desiderare partire o ripartire da quello che si è capaci di fare, prendendolo sul serio, e facendolo diventare il motore di un cambiamento possibile, diventa il modo principale per ciascuno di diventare portatore di verità: sulla propria vita, in primo luogo, ma anche su quella degli altri e della società che ci circonda. Diventa il modo migliore per mettere a nudo quello che non funzione, ciò che si muove nell’oscurità, quello che ha bisogno davvero di essere emendato e corretto.

Anche Giovanni il Battista sa molto bene cosa può fare: per questo è libero di dire con chiarezza di non essere lui quello che tutti attendono, non si perde in chiacchiere inutili, cercando di vendere se stesso, ma vive la sua missione pienamente e per questo crea attorno a sé le condizioni perché chi attende davvero il Signore lo possa fare nella verità. Lasciamoci tormentare dalla domanda su cosa possiamo fare, perché siamo tutti degni e liberi di fare qualcosa.

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