L’ombelico – Gv 14,6-14

L’ombelico – Gv 14,6-14

In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».

L’ombelico è la parte del nostro corpo più traumatizzata. Esso è il risultato di un taglio; racconta di un legame reciso, di una relazione strappata alla privatezza, di un’intimità custodita per nove mesi e improvvisamente interrotta, di un reciproco prendersi cura chiamato a continuare in maniera diversa, di un dialogo biochimico che nutriva chi stava ai due capi del cordone e che ora essi dovranno alimentare in modo del tutto inedito.

Senza questa recisione non ci sarebbe l’ombelico e, più ancora, l’imminente alba di una nuova vita diventerebbe il tramonto di due.

Una volta tanto sarebbe bene “guardarsi l’ombelico”, non tanto per concentrarsi esclusivamente su di sé, alimentando narcisisticamente il proprio ego, al contrario per ricordarsi che non ci siamo fatti da noi stessi, ma che veniamo da qualcun altro e a qualcun altro siamo promessi.

Il vangelo di oggi è racchiuso in nove versetti; in essi la parola «Padre» è ripetuta dodici volte; undici volte è Gesù a pronunciarla. Gesù si è compreso a partire dalla relazione col Padre, si è guardato come Figlio amato, generato e chiamato a sua volta a generare.

Il cordone che unisce Padre e Figlio è lo Spirito Santo e, come per madre e figlio il cross-talk, dal concepimento in poi, non si interrompe più, così tra Padre e Figlio lo Spirito Santo dall’eternità continua ad echeggiare il loro reciproco amore.

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