Anche nella notte, subito!
Ritornati nel cuore della notte, durante lo svolgimento di quell’ultima cena che in Giovanni ci consegna una serie di lunghi e decisivi discorsi da parte di Gesù nei confronti dei suoi discepoli, ascoltiamo, in questa Quinta domenica del tempo di Pasqua (Gv 13,31-35), i pochi versetti che ci presentano il comandamento nuovo, quello dell’amore reciproco.
La misura dell’amore di cui Gesù parla ai suoi è già stata definita dal gesto straordinario della Lavanda dei piedi che apre il capitolo: dopo il tradimento di Giuda, nel momento dell’addio, tutto è pervaso da un senso di urgenza. La massima glorificazione del Figlio avviene nel momento di massima debolezza e abbandono. Di fronte al tradimento sarebbe logico lasciarsi prendere dall’amarezza e dal risentimento, invece Gesù rilancia ancora una volta puntando sull’amore, chiedendo ai suoi di vivere come ha fatto lui, di imparare a vivere del suo amore per diventare capaci di offrire amore.
Insisto sul punto dell’urgenza perché credo che sia un elemento caratterizzante del barano: il tempo inizia a scarseggiare e l’ora del compimento è ormai giunta. Gesù sarà glorificato sulla croce e nell’immediatezza di quello che seguirà alle parole riportate nel nostro brano, cogliamo un’accelerazione di fatti ed eventi drammatici che porteranno a quello che pare essere un epilogo finale previsto e scontato. Tutto questo viene interrotto dalla stabilità profonda e solenne dell’istituzione di un comandamento nuovo che diventa sintesi di tutta la legge: amatevi come io vi ho amato. Nella fragilità dell’attimo che sembra mutare le sorti della vita c’è un comandamento che rimane per sempre, un comandamento che definisce, in maniera stabile, l’identità del credente.
Amare non è qualcosa che deve essere fatto, è una condizione identitaria che va accettata per essere in grado di svilupparla, poi, nella vita.
L’amore che ci dovremmo scambiare nelle nostre comunità dovrebbe essere il suo, quello che ciascuno è chiamato a riscoprire presente nella propria vita: da questo amore saremo riconosciuti come discepoli credibili del Signore. Se non ci sentiamo amati da lui è perché non lo abbiamo ancora incontrato davvero.
Quello che dà speranza e che ci pone già in una prospettiva pienamente pasquale, è che nell’urgenza del momento drammatico c’è la possibilità di incontrare questo amore: c’è un evolversi frettoloso e caotico delle cose e degli eventi che porta solo alla confusione e alla dispersione; c’è una fretta sana, sottolineata dall’immediatezza dell’avverbio subito, che inquadra l’agire di Dio, il suo desiderio di bene per l’umanità.
Capita così anche nella vita, dove di fronte a certi subito, l’alternativa vera alla disperazione è soltanto l’amore. L’urgenza di alcuni momenti è realtà sana dove siamo chiamati a fare i conti con le cose che contano davvero, anzi con l’unica cosa che conta e che rimarrà sempre: l’amore che abbiamo accolto e quello che siamo stati capaci di restituire.
Siamo lontanissimi dall’idea del carpe diem che, malauguratamente inteso in chiave postmoderna, rappresenta l’inno del vivi l’occasione, vivi l’attimo e fai quello che vuoi. Qui si parla di una prospettiva dove non conta l’affermazione del proprio desiderio e della propria realizzazione: si parla di un comandamento nuovo che può essere capito soltanto nell’immediatezza di quell’attimo in cui puoi scegliere di amare o rifiutare di farlo.
Un signore ottantenne che decide di prendere una seconda laurea dopo la morte della moglie, notizia relegata alla parte dei giornali dove bisogna parlare anche di cose buone, ma che in realtà serve soltanto come riempitivo per fare aumentare il numero delle pagine e giustificare l’acquisto da parte dei lettori, può essere letta con attenzione e utilizzata come commento al brano di Vangelo di questa domenica: nel momento di massimo dolore, dopo la morte della moglie con cui aveva vissuto per più di cinquant’anni, può un uomo scommettere ancora sulla vita e iniziare a studiare fino a raggiungere la laurea come segno di riconoscenza per tutto l’amore vissuto e sperimentato? Sì, proprio perché ha fatto propria la dinamica del comandamento nuovo, quella che ti impone di amare allo stesso modo di come sei stato amato tu.
Nell’attimo in cui ti senti tradito dalla vita puoi scegliere se tradirla anche tu, oppure tornare a scommettere su di essa alla luce di un comandamento diverso da tutti gli altri: il comandamento dell’amore, quello che ti impone di vivere pienamente. Per chi si affida al Signore risorto dovrebbe essere la normalità del quotidiano, una normalità che si fa riconoscere anche tra le pagine interne e nascoste dei giornali.