Pietra su pietra

Pietra su pietra

Mercoledì 9 novembre ore 7,07 terremoto al largo della costa marchigiana.

Da febbraio assistiamo inermi al lento incancrenirsi di una guerra nel cuore dell’Europa, ma non possiamo dimenticare le tante parti del mondo toccate dalla tragedia di tante guerre più o meno dichiarate.

Mai avremmo pensato che con l’anno 2020 avremmo visto svilupparsi nel mondo una pandemia in larga scala come solo avevamo avuto occasione di leggere sui libri di storia.

Quotidianamente non mancano episodi di persecuzioni di cristiani in giro per il mondo: a tutt’oggi, secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite, i cristiani sono la categoria che subisce il maggior numero di vessazioni e persecuzioni su larga scala.

Infine come dimenticare le continue tragedie che si sviluppano in contesti famigliari dove, soprattutto donne e bambini, continuano a subire tradimenti da parte delle persone che dicono di amarli?

Mi sembra chiaro di cosa parli il Vangelo di questa XXXIII domenica del tempo Ordinario, anno C (Lc 21,5-19): parla di noi, del nostro tempo come della vita di ogni tempo, segnata anche dalle tragedie e dalla presenza del male, che pur non vincendo la storia la abita con brutale insistenza.

Di fronte a coloro che gli mostrano la ricchezza e la bellezza del tempio, Gesù osserva, con il suo consueto realismo, che di quelle pietre non rimarrà nulla, perché è così di ogni realizzazione umana: tutto è destinato alla distruzione se si rimane solo sul piano materiale e anche il ricordo vacilla, come sanno bene tutti coloro che studiano la storia con serietà e passione. Le realtà umane sono destinate a passare e non basta accontentarsi di facili e spesso superficiali formule di rito che richiamano l’impossibilità di essere dimenticati. Se perfino il tempio dedicato a Dio è andato distrutto, anche il ricordo di ciascuno di noi prima o poi svanirà nel lento o burrascoso susseguirsi delle generazioni. Cosa rimane allora? Quello che dovrebbe muovere la vita di ogni credente, la speranza e la convinzione che la nostra vita sia destinata a essere accolta tra le braccia di Dio: neppure un capello del nostro capo andrà perduto se sapremo perseverare nella fede. Si tratta di capire cosa voglia dire concretamente essere perseveranti, in che modo dare corpo a questa modalità dell’essere che può trovare consistenza soltanto prendendo sul serio la vita di ogni giorno, dove, ogni giorno, si è chiamati alle piccole o grandi scelte che fanno di noi discepoli o semplici frequentatori della vita.

L’elenco serrato di disgrazie o avvenimenti, raccontati da Gesù secondo lo stile proprio del linguaggio apocalittico, ha lo scopo di risvegliare negli uditori di ogni tempo la capacità di non lasciarsi ingannare: ci sono tanti, troppi, che cercano, attraverso la paura, di creare un seguito, una qualche forma di consenso finalizzata solo ed esclusivamente al mantenimento del potere. Il terrore rende immobili, chiude la vita ad ogni possibilità di realizzazione, rende sterili e incapaci di vedere che non abbiamo altra possibilità se non quella di vivere pienamente le nostre giornate cercando di cogliere l’invito di Gesù: il segno per questo mondo saremo noi.

L’unico segno di cui tenere realmente conto sarà la capacità dell’uomo di attraversare la storia senza lasciarsi terrorizzare.

La Parola per questa domenica è un monito affinché l’uomo sappia coltivare la speranza, vera virtù del quotidiano, non esercizio sterile che si affaccia su un futuro improbabile e imprevedibile. Il Vangelo ci chiede sostanzialmente due cose: allontanare la paura dal nostro cuore per diventare capaci di riconoscere chi seguire davvero e avere uno sguardo sereno e consapevole sulle cose del mondo, per evitare di cadere nel facile tranello del pessimismo. Frequentare ogni forma di pessimismo malato, ci porterebbe ad avere uno sgurdo obliquo e falso sulla nostra realtà, spingendoci a credere di essere perfino straordinari nel modo di vivere il male, superiori anche in questo alle generazioni che ci hanno preceduto: com’è facile illudersi e cullarsi nella distorta convinzione di essere diversi, quando agli occhi di Dio esiste soltanto un’umanità che attende di essere salvata!

Fino a che ci saranno uomini e donne capaci di prendere sul serio le parole di Gesù non sarà subito la fine e il mondo potrà continuare a dormire sonni tranquilli.

Perseverare nella fede in lui rende concreta la possibilità di una storia che cammina verso il compimento, senza necessariamente chiudersi su se stessa per continuare a ripetere gli errori del passato, ma rende anche e soprattutto possibile la realtà della salvezza: la prospettiva che la storia personale di ciascuno trovi una pienezza che può fare perfino a meno dell’umano ricordo.

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