Una per te e una… ancora per te – Lc 21,1-4
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Dire «vedova», nella cultura e al tempo di Gesù, voleva dire povertà assoluta, dipendenza totale dalla buona volontà della gente, stenti, sofferenza, mancanza di futuro. Come donna, la vedova non poteva avere un lavoro; non c’erano pensioni, e tantomeno pensioni di reversibilità.
Eppure, la vedova di questo brano getta nelle offerte del tempio due monete, frutto probabile della generosità di qualcuno, senza fare rumore. Tutto quello che aveva. Due monete! Forse noi, nella sua situazione avremmo optato per tenerne almeno una, che so, per pagare l’autobus e rientrare a casa, o per far tacere per qualche ora i crampi della fame…
Gesù l’addita come maestra perché ha dato tutto. I ricchi, pur dando tanto, danno solo qualcosa di quello che possiedono.
Tra gli ospiti del centro per ragazzi di strada nella mia missione, quando si trattava di mangiare era questione di vita o di morte: “è il momento” dicevano. Tuttavia ho visto dei ragazzi dare metà della propria porzione di riso a un nuovo ospite arrivato dopo la distribuzione. È più facile che chi ha due pani ne dia uno a te, la metà di ciò che possiede, che un ricco ti dia la metà dei suoi beni. Quei ragazzi poveri, come la vedova del vangelo, me lo hanno insegnato.