Umiltà
Uscire dal rischio di una religiosità fatta di esteriorità, pratiche e obblighi formali è la proposta del Vangelo per questa XXXI domenica del Tempo ordinario, anno A (Mt 23,1-12). Gesù stesso si preoccupa di fornirci l’antidoto contro il veleno dell’ipocrisia che può pervertire ogni esperienza religiosa, soprattutto quando la religione viene utilizzata come strumento di controllo e affermazione di potere: l’umiltà.
Il criterio è semplice da enunciare: chi si fa servo è il più grande, mentre chi si esalta sarà abbassato. Per il Vangelo non esiste un altro modo per vivere il rapporto con Dio: cercare vantaggi sociali da una qualche appartenenza o ricercare un ruolo sicuro in cui potersi rifugiare per avere salva la vita, non è una proposta credibile. Fare opere per essere ammirati dalla gente in modo da potere raggiungere posizioni di prestigio è il modo migliore per smettere di credre in Dio e iniziare a credere solo in se stessi.
Gesù non mette in discussione le pratiche del credere. C’è bisogno di dare forma ed espressione al vivere concreto che chiede di dare voce alla fede: senza segni esteriori, senza pratiche liturgiche, opere di carità, senza il ritrovarsi di una comunità che condivida gioie e dolori della vita quotidiana, non ci sarebbe alcuna possibilità di coltivare una relazione credibile con Dio. La via di una pratica tutta e solo interiore finisce per generare il vuoto, l’apatia o la follia. Perfino gli eremiti e gli asceti hanno bisogno di dare un ritmo e una forma pratica al proprio vissuto.
Quello che Gesù mette seriamente in discussione è che ci possano essere persone che, facendosi mediatori di Dio, finiscano per offrire se stessi come misura della vita e che pretendano dagli altri di essere seguiti. Gesù non ha mai preteso di essere seguito e non ha mai obbligato nessuno a prendere pesi difficili da portare, anzi, si è offerto di accogliere, chi vuole, al suo giogo per portare i pesi insieme e rendere la vita più leggera. Chi vuole seguire Gesù lo può fare solo in maniera libera.
Dobbiamo imparare a rendere le nostre opere espressione di un bene libero da secondi fini, riscoprire il gusto e la gioia di fare bene il bene.
La via rimane quella dell’umiltà che sa riconoscere l’unicità del Cristo e proprio per questo riesce a relativizzare il ruolo di ogni uomo e di ogni proposta umana. Essere umili non chiede di vivere male, nelle retrovie, sempre a carico di qualcun altro; essere umili vuol dire prendere in mano il proprio rapporto con Dio e grazie a questo lasciare che gli altri trovino la giusta collocazione nella nostra vita, non al di sopra o al di sotto, ma dentro alla nostra stessa vita.
La tendenza in atto è quella di risvegliare un clima da guerra di religione: fa comodo a tanti richiamare la presenza di Dio nell’agone pubblico per ottenere una maggiore visibilità e la possibilità di avere un potere maggiore sulle coscienze, in modo da indirizzare senza incertezze gli animi alla realizzazione di imprese spesso disperate e violente.
Dio sta solo dalla parte degli umili. Ecco, allora, lo sforzo grande che attende oggi ogni credente: testimoniare con forza che Dio non centra nulla con la guerra e la violenza. Non abboccare all’invito di chi pretende che Dio possa stare dalla parte di chi incita alla guerra santa. La guerra santa non esiste. Difendersi dalla violenza non vuole mai dire desiderare la distruzione dell’altro: anche in questo c’è bisogno di umiltà, nell’accettare che sia necessario porre un limite alla rivalsa.
Compito delle chiese e di ogni uomo o donna di buona volontà è porre la questione stessa che Gesù solleva: rimettere al centro della discussione sulla vita e la morte Dio, perché l’uomo ritrovi la giusta misura del proprio vivere.
Pensavamo che per risolvere ogni problema bastasse togliere potere a Dio, dichiararlo morto, e quindi lasciare spazio agli uomini. In realtà il problema, da sempre, è quello di rimettere al centro la giusta immagine di Dio e della vera relazione con lui: questo è l’interesse di Gesù, fare conoscere il volto del Padre a partire dalla sua umiltà e non dalla sua potenza.
Fate come vi dicono, ma non fate come loro! Mettere di nuovo Dio al centro della nostra vita, ma non farlo come dicono, oggi, i tanti capi popolo che pretendono di avere Dio dalla propria parte per avere solo più potere ed esercitare maggiore violenza.
L’umiltà di Dio ha già salvato il mondo. L’umiltà degli uomini può ancora dare un senso a questa nostra storia.