In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

A me piacciono i film di supereroi. Avrò gusti da bambino, ma ammetto che mi piace l’azione, gli effetti speciali realistici, l’epicitià della lotta del bene contro il male a suon di cazzotti e gente che vola. Chiaramente sullo schermo. Ma da un po’ di tempo mi sono stufato. Troppi film, troppo businness con il moltiplicarsi dei franchise, troppi eroi dai poteri superstravaganti (perché dopo un po’ la fantasia si finisce), troppe trame banali e ripetitive.

Il vangelo di oggi non ci parla di supereroi. I discepoli mandati in avanscoperta da Gesù non sono degli epici lavoratori del vangelo che dimostrano la propria forza a suon di ascesi, di radicale povertà, di integerrima capacità di testimonianza.

Sono persone fragili, spaventate, che non comprendono la situazione. Un po’ come noi. Gli viene detto, però, che, per restare uomini, devono custodire la fraternità. Sì, la fraternità: non è un superpotere per pochi, ma la conditio sine qua non per essere persone umane.

Non è un di più, un superpotere per pochi o un optional che rende la società un po’ più bella. E’ la linfa vitale dell’amicizia sociale – quella vera -, che, sola, può consentirci di costruire un mondo in pace e più giusto. Nel quale ciascuno si trovi incoraggiato a camminare verso Dio e verso il prossimo.