Deserto e specchi
Questa I domenica di Quaresima, anno B, ci presenta l’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto secondo lo scarno resoconto che ne dà l’evangelista Marco (Mc 1,12-15): tutto è ridotto all’essenziale, quasi che il lettore debba essere condotto, insieme a Gesù, a fare esperienza del poco che si trova nel deserto. Ci viene detto che è lo Spirito a spingere Gesù a rimanere quaranta giorni nel deserto dove viene tentato da Satana senza specificare in che modo, ma ricordando soltanto che l’esito di queste tentazioni genera il frutto di un’umanità nuova capace di riprendere il proprio posto nel progetto originario di Dio: l’umanità che rifiuta di dialogare con il male diventa anello insostituibile tra la terra e il cielo, ricomponendo ogni dissidio tra le bestie selvatiche e gli angeli, sanando in sé l’apparente spaccatura tra irrazionale e razionale, tra materiale e spirituale. Gesù è l’uomo nuovo, il Figlio mandato dal Padre, come ci è stato ricordato nel precedente episodio del battesimo al Giordano, per raccontare all’umanità intera come sia possibile vivere rifiutando il fascino del male.
Leggere secondo questa chiave di lettura i pochi versetti di Marco, fa una certa impressione alla luce del drammatico episodio di cronaca nera registrato a Palermo in settimana, episodio che ha visto la morte di una madre e due figli per mano del padre e della sorella maggiore, convinti di praticare un esorcismo per liberare i congiunti dalla presenza del demonio. Siamo di fronte alla follia di persone che, non riuscendo più a riconoscere il male dentro di sé, finiscono per cercarlo dentro agli altri, anche tra le persone più care, pensando di poterlo estirpare distruggendo la vita e non preservandola e custodendola. La pazzia di chi crede di poter scindere in maniera chiara e distinta il male senza prima aver fatto esperienza di un bene che unifica e lascia intravedere tutta la bellezza della vita umana.
La grande tentazione a cui Gesù sa resistere è proprio quella di non credere alla proiezione immaginaria e diabolica di un’umanità costretta a soccombere comunque alle lusinghe del male. Fa esperienza in sé della verità delle parole che lo hanno accompagnato dall’alto sulle rive del Giordano: lui è il figlio amato e proprio per questo sa, perché lo sperimenta su di sé, accettando di lasciarsi sottoporre alla prova delle tentazioni, che l’umanità presente in lui può rispondere al male amando e tracciando una via che potrà essere seguita dall’umanità di ciascuno.
Il male non si estirpa facendo il male, ma resistendogli senza cadere nell’inganno di iniziare a dialogare con lui.
Smettere di cercare il male come presenza possibile solo nella vita degli altri è il cammino di conversione a cui tutti siamo invitati.
Partire da noi stessi per accettare che abbiamo bisogno di fare anche noi esperienza di deserto, per capire davvero come resistere al male, è il processo di verità che ci può fare ritornare a sentire la nostra esistenza finalmente ricomposta in unità.
Solo a questo punto sarà possibile affrontare anche il male che è fuori di noi, le condizioni di difficoltà a cui siamo sottoposti quando ritorniamo alla vita di tutti i giorni: solo confidando nella possibilità che Gesù ci ha reso evidente, di fare convivere pacificamente in noi le bestie selvatiche e gli angeli.
Gesù inizia la sua missione al termine dei quaranta giorni nel deserto, ma non nel momento ideale in cui tutto sembra essere a posto, anzi, proprio dopo che Giovanni è appena stato arrestato. Il male sembra prevalere e la missione di Gesù sembra partire già segnata dalla sconfitta: quando però hai l’intima certezza di essere Figlio amato, sai anche che la direzione della tua missione è quella giusta e che non può esserci momento sbagliato per annunciare a tutti che il Regno di Dio è vicino. Convertirsi e credere al Vangelo vuol proprio dire, come prima cosa, che, in Gesù, è data anche a me la possibilità di sentire che Dio Padre mi è vicino e che con lui è possibile affrontare quel Satana che, facendomi credere di essere solo fuori di me, fa di tutto per entrare nella mia vita e rovinarla.
Ogni anno abbiamo bisogno di tornare nel deserto insieme a Gesù per uscirne maggiormente convinti sulla bontà di fondo della nostra umanità, senza lasciarci fregare dal gioco di specchi delle tentazioni, messo in atto da chi ci vuole convincere che siamo talmente cattivi da non poterci liberare mai di lui: quest’anno come non mai.