In marcia – Mc 16,15-20
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
“Intèrpres Petri”, cioè “interprete di Pietro”: così i Padri della Chiesa definivano Marco, ritenendo che il suo vangelo fosse stato molto ispirato dalla testimonianza e dalla presenza di Pietro. Si trattava del vangelo che veniva letto ai catecumeni, cioè agli adulti che si facevano battezzare. Probabilmente, il brano che leggiamo oggi veniva dato solo dopo il battesimo, come voleva la mistagogia antica. Come a dire, con orgoglio, “ecco cosa siete diventati col battesimo!”.
Non credo che noi prendiamo in mano serpenti o resistiamo a veleni. Probabilmente nemmeno impariamo lingue miracolosamente. Tuttavia l’invito di Marco resta: rivalutiamo e valorizziamo il nostro battesimo.
Sacramento semplice, quasi banale. Ma ci fa essere parte di un corpo più grande, ci abilita a essere teatro dell’amore di Dio («in Cristo»). Al tempo stesso, ci responsabilizza a non mostrare contraddizioni tra il nostro stile di vita e la carità che insegna Gesù («con Cristo»). Non si tratta di un sacramento che ci fa arrivare, ma che ci mette in cammino («per Cristo»). Quindi: in marcia.