In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola:
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

«Ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro». Interessante la prospettiva con cui Gesù guarda al suo discepolo, suggerendo alcune attenzioni fondamentali per la sequela. Egli ci tiene che colui che lo segue custodisca una misura corretta nella considerazione di sé.

Anzitutto, considerandosi sempre discepolo e rimanendo di conseguenza sui passi del maestro. Senza pericolose fughe in avanti, come quella che costa a Pietro un severo richiamo («Vade retro!»). Uno solo è il Maestro e non dobbiamo insegnare a lui cosa fare o come salvare il mondo.

Poi, l’avvertimento a evitare il rischio – proprio a motivo della sequela – di gonfiarsi di orgoglio, sentendosi «giusto» e dunque in condizione di giudicare la vita degli altri. Guai a noi! È nascosta qui l’insidia grave della ipocrisia (religiosa) e bisogna esserne avvertiti.

Infine, la parola molto bella con la quale Gesù suggerisce che ogni discepolo, ben preparato, sarà come il suo maestro. Il nostro Maestro non è geloso delle sue prerogative: vuole donare tutto. Non desidera tenere sottomessi, alimentando un’obbedienza motivata dalla paura. Intende partecipare ai suoi la sua relazione col Padre, condividere la sua umanità vissuta divinamente. A noi la responsabilità di essere «ben preparati» ad accogliere il dono nell’umiltà e per amore.