Zaino leggero

Zaino leggero

Entrare nella vita piena è ciò che dobbiamo fare: questa la proposta del Vangelo, questo è l’obiettivo che dà senso all’esistenza. Entrare nella vita vuol dire, come ci ricorda il vangelo di Marco di questa XXVI domenica del tempo ordinario (Mc 9,38-43.45.47-48), assaporare il regno di Dio, gustarlo già nel nostro oggi e nel nostro presente. Vita piena e regno di Dio non sono il premio finale per chi vive da bravo ragazzo, sono realtà a disposizione di chi vuole prendere sul serio la vita ogni giorno: si tratta di pensarsi come persone in cammino con la voglia di scoprire sempre qualcosa di buono, ma anche con la consapevolezza che, per poter camminare davvero, è necessario alleggerire il carico e, quando serve, essere addirittura disposti a perdere qualcosa, a lasciare indietro pezzi di sé, pur di poter continuare a camminare.

Ci sono cose che diventano di impedimento, perché di scandalo a noi stessi e agli altri: le nostre cattive abitudini, i nostri pensieri malvagi, la nostra invidia e il nostro egoismo. Ci sono pezzi di noi, a cui siamo tremendamente affezionati, solo perché pensiamo di non essere più capaci di abbandonarli: diventano pesi faticosi da portare che rallentano il nostro ingresso nella vita piena.

Chi ha fatto l’esperienza di alcuni giorni di cammino ha sicuramente sperimentato quanto, nei momenti più faticosi, sia importante alleggerire lo zaino. Alle prime vere fatiche viene subito in mente l’elenco delle cose che ci stiamo portando dietro e, altrettanto velocemente, matura in noi la convinzione di avere sicuramente preso qualcosa di inutile che avremmo potuto lasciare a casa. Qualcuno ha perfino il coraggio di alleggerire lo zaino buttando quello che mai avrebbe pensato di lasciare in condizioni differenti. Gesto eroico e di vera libertà. Gesto che permette di riprendere il cammino e di puntare di nuovo con gioia verso la meta.

Avere salva la vita non vuol dire tenere tutto e non perdere mai nulla: prima o poi siamo tutti chiamati a lasciare, a tagliare, recidere qualcosa per poter finalmente decidere qualcosa.

Il vangelo ci presenta una prospettiva apparentemente drastica che può perfino spaventare. In realtà, però, ci sta prospettando l’unica via praticabile di fronte al male. Se non si è disposti a tagliare con certe realtà della propria vita e a farlo nel momento giusto, quando rimangono a disposizione ancora una mano, un piede e un occhio, si rischia di perdere la vita intera in un’escalation drammatica che porta solo alla distruzione.

In queste giornate risuona continuamente proprio la parola escalation: parola terribile che dice di qualcosa che non si può arrestare e che ha come unico punto di arrivo il dramma della distruzione. Il vangelo ci invita a non accettare la logica mortale del punto di non ritorno. Abbiamo bisogno di guardarci dentro, di fronte alle piccole violenze domestiche, di fronte alle ingiustizie sociali, davanti alle grandi tragedie del mondo, per dire con onestà e franchezza: «Meglio perdere qualcosa, meglio lasciarci ferire e mutilare ora piuttosto di dover ammettere a noi stessi di aver superato il punto di non ritorno!».

Per fare questo e avere salva la vita, o ancor meglio, per poter entrare nella pienezza della vita, abbiamo chi ci può aiutare: sono i piccoli, gli umili e gli indifesi, coloro che vorrebbero condurre una vita semplice alla maniera di Cristo che possono indicarci quando iniziare a fermarci.

Lo stanno già facendo in tutti i modi possibili, raccontando al mondo tutto il proprio scandalo di fronte all’uso della violenza, di fronte al dilagare del male che tormenta soprattutto gli innocenti. Non mi riferisco soltanto alle grandi tragedie mondiali di questi giorni: sto pensando anche ai tanti piccoli che ogni giorno, in nome di Cristo, ci dicono che stiamo sbagliando, che il nostro stile di vita non va bene, che il nostro modo di decidere a partire dal nostro solo benessere non funziona, rischia solo di portarci a un punto di non ritorno da cui guardare, con il cuore spezzato, al giorno in cui, con una sola mano, un solo piede e un solo occhio, avremmo potuto continuare a camminare insieme agli altri. Chi è davvero contro di noi? Non certo coloro che con le loro opere buone ci mostrano come stare alla sequela di Cristo. Spesso gli unici a essere contro noi stessi siamo proprio noi e magari neppure ce ne accorgiamo.

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