Sammy

Sammy

Per questa XXVIII domenica del tempo ordinario, il vangelo di Marco (Mc 10,17-30) ci presenta un tale che si inginocchia davanti a Gesù chiedendo indicazioni su come fare per avere in eredità la vita eterna, cioè una vita piena, buona e felice che da qui si estenda fino all’eternità: non qualcosa di generico che si realizzerà, ma qualcosa di molto concreto che abbia già i suoi effetti a partire dal presente. Gesù sottolinea che solo Dio è buono e che, per paradosso, il fatto che ci si rivolga a lui come maestro buono dice del suo legame con il Padre: se in lui è possibile riconoscere la presenza di Dio, allora si deve riconoscere in lui il tramite che porta all’incontro con il solo che dà la vita in pienezza. Ecco il senso dell’invito a seguirlo, ecco il motivo per cui, nella sua risposta, Gesù non fa riferimento ai primi comandamenti, quelli che riguardano il rapporto con Dio: lasciarsi amare fino in fondo dal lui e dal suo sguardo vuol dire riconoscere che quello che manca davvero non è fare qualcosa in più, anche se bello e in favore degli altri, ma riconoscersi in relazione con un Dio che ti ama.

Il problema al centro di questo incontro al cuore del vangelo di Marco non è quello delle ricchezze in sé: se è vero che è difficile per un ricco essere salvato è anche vero che nulla è impossibile a Dio, come a dire che, in fondo, le ricchezze, i beni, i legami non sono un problema a patto di riconoscere da dove vengano e a chi siano destinati. Il vangelo di questa domenica ci invita a chiederci quali siano gli attaccamenti a cui facciamo riferimento nella nostra vita e a riconoscere che se non li sappiamo ammettere possono diventare una gabbia che ci impedisce di camminare da persone libere.

Lo sconcerto dei discepoli di fronte alle parole di Gesù nasce proprio dal fatto di intravedere che non basta lasciare cose e persone per essere liberi e salvi: in fondo ci viene ricordato che loro hanno davvero lasciato tutto per seguire il maestro. Quello che conta è riconoscere che tanto o poco che sia tutti siamo ricchi, o meglio, ragioniamo come i ricchi che pensano di salvarsi rimanendo attaccati alle proprie sicurezze: Gesù sfida il tale, come ciascuno di noi, non per metterlo alla prova, ma perché lo ama e vorrebbe che si aprisse a questo amore: riconoscendo l’amore si sboccia alla vita e si diventa capace di donare.

Mi ha colpito il rilievo che i giornali hanno dato alla morte di Sammy Basso, il giovane affetto da progeria che tanto ha fatto perché la condizione della sua malattia venisse conosciuta e affrontata con sempre maggiore impegno dalla ricerca scientifica: un ragazzo ricco di vita che ha trasformato il tempo a sua disposizione, sapendo che sarebbe comunque stato meno della media, in dono a se stesso e agli altri. Pur essendo una persona nota, mi ha colpito il fatto che tanti siano stati toccati dalla sua storia umana e di fede e, leggendo un po’ di commenti, di come i più siano stati affascinati dal suo modo semplice, gentile di parlare e spiegare il suo approccio alla vita, agli studi e alla malattia. Una persona felice e non triste, uno che non si è attaccato alla sua condizione per farne una scusa, ma che ha saputo, invece, mettere a servizio la propria esperienza per attraversare l’esistenza sapendo di averla ricevuta in dono.

La morte di una persona come questa è finita in prima pagina solo per una questione di fama? Il fascino di un’esistenza donata fa ancora notizia: questa è una buona notizia, una notizia che sa di vangelo, sa di vita eterna. La pienezza della vita non ha a che fare con il tempo che misuriamo normalmente. La vita di Sammy ce lo ricorda, il vangelo ce lo ricorda chiedendoci con risoluta efficacia: dove sta il tuo tesoro? A cosa sei veramente attaccato?

Se vuoi iniziare a disporre veramente di beni infiniti, di relazioni sincere e autentiche che non ti saranno tolte, se vuoi già sentire l’odore della pienezza, investi nella relazione con chi ti ama gratuitamente, non distogliere lo sguardo da chi guardandoti ti vuole liberare dai tuoi attaccamenti perché tu sia felice di essere al mondo, proprio in questo mondo.

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