L’ottimo è nemico del bene – Mc 3,7-12
In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
Qualche mese fa mi sono imbattuto in questa descrizione dell’amore da parte del giornalista polacco Gabriel Laub: «La massima forma d’egoismo è l’amore. Non amiamo i nostri partner, ma soltanto la loro capacità di amare noi».
L’episodio del vangelo che la liturgia di oggi ci offre sembra confermare questa prospettiva. La folla cerca Gesù non per se stesso, ma per quello che possono ottenere da lui, lo “amano” per la sua capacità di far guarire, e sono disposti a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi, finanche schiacciarlo.
Di fronte a questa chiara strumentalizzazione di Gesù da parte degli uomini ci si potrebbe aspettare una sua dura reprimenda oppure una fuga alla ricerca di persone interessate davvero al solo suo Regno. E invece no. Gesù resta lì, attende questi disperati. È lì per loro, così come sono. Riserva per sé solo una barchetta, non per prendere il largo, ma per poter “toccare” tutti col suo sguardo.
Il Maestro ci insegna che il cammino della conversione è fatto di piccoli passi. C’è una gradualità nell’adesione al vangelo.
Anche dalle folle di oggi dobbiamo saper accogliere il bene che riescono a raggiungere secondo le proprie concrete possibilità, perché pretendere sempre e solo l’ottimo dall’altro rischia di far perdere anche il bene di cui oggi egli è capace.