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Canto
La VI domenica del tempo ordinario (anno C, Lc 6,17.20-26 ) ci mette davanti alla versione lucana delle beatitudini: Gesù sceso dal monte ha davanti una grande folla di gente e alzati gli occhi verso i suoi discepoli, quasi in estasi, sembra parlare come uno che vede le cose che dice. Parla direttamente con i poveri, gli affamati, coloro che piangono, coloro che sono disprezzati a causa del suo nome: li riconosce e li consola perché li vede uno a uno. Alza la voce contro i ricchi, quelli che si sentono sazi, coloro che ridono e quelli che si preoccupano di farsi un nome apprezzato e riconosciuto dagli uomini: lo può fare perché sa che ci sono, sa che lo stanno ascoltando e che da questo ascolto dipende, anche per loro, la possibilità di convertirsi.
Gesù non ha bisogno del palco dell’Ariston per arrivare alle strade e alle piazze dei villaggi e delle città. Può cantare libero la propria canzone come un innamorato che ha sempre davanti agli occhi la ragione del suo amore: nessuno gli deve suggerire il testo come fanno con il gobbo a teatro, perché quello che dice sgorga dal cuore senza mediazione della memoria. Non ha neppure bisogno di fare interviste e conferenze stampa per spiegare quello che canta, perché il testo arriva dritto al cuore di chi ascolta e si sa riconoscere in quelle parole: parole di speranza per gli uni, parole che invitano al cambiamento per gli altri.
Non deve neppure elemosinare un passaggio in più in radio per avere più successo, perché il suo canto è libero e non ha la preoccupazione che lo riconoscano: è lui che ci riconosce e dipinge con chiarezza e precisione la nostra situazione, sia che ci troviamo dall’una che dall’altra parte.
Gesù non ha bisogno dei voti della giuria, né di quella degli esperti, né di quella degli spettatori, perché il suo canto è popolare, nel senso più alto e nobile del termine: è un canto per il popolo che può essere capito da tutti, in cui tutti, senza distinzioni, possono riconoscersi e trovare qualcosa della propria umanità ferita o che ferisce.
Il canto di Gesù è fatto di due strofe e di due ritornelli che si ripetono, ma che non sono contrapposti: vanno in due direzioni opposte per abbracciare tutto il mondo e descrivere la realtà dell’intera umanità.
Il canto di Gesù non è in gara per essere valutato: si dispiega con fermezza per valutare la realtà degli uomini e giudicarla, per mettere in risalto le contraddizioni di un mondo che non è stato pensato per essere diviso tra ricchi e poveri, sazi e affamati, tristi e allegri.
Il canto di Gesù non ha bisogno di attendere la fine del festival per diventare un classico: è sempre attuale, rivolto agli uomini e alle donne di ogni tempo. Allo stesso tempo è sempre la canzone più fresca e aggiornata, quella che anche i più giovani possono sentire vera perché parla il loro linguaggio.
Il canto di Gesù è una ballata, è rock, è trap e rap, è urban e indi. Canto per ballare e per meditare, canzone d’amore e di denuncia, opera da cantautore e testo da interpretare.
Se da un lato la conclusione delle beatitudini invita a riconoscere che è cercando il suo nome che possiamo essere felici, accordandoci sulle note della sua vita, dall’altro la conclusione dei guai, ci invita a vedere che la vera stonatura nasce dal fatto di cercare con insistenza di farci un nome per avere la prova di non avere bisogno di nessuno.
Il canto di Gesù non divide il mondo in buoni e cattivi, non crea spaccature, ma armonizza l’impossibile perché i ricchi, guardando ai poveri, riconoscano le proprie debolezze e inizino a sentirsi più umani.
In fondo, qualcuno dice, che non esista una canzone che non sia in qualche modo una canzone d’amore: tutte le canzoni, anche quelle che sembrano parlare d’altro o negarlo, parlano d’amore ricevuto o dato, desiderato o mancato. Magari raccontano anche soltanto dell’amore che ci ha messo chi le ha composte.
La canzone delle beatitudini e dei guai descrive, con il suo contrappunto, tutto l’amore che Dio mette in gioco per noi: ai poveri racconta del fatto che sono già sul palco del festival a cantare con lui, ai ricchi fa intravedere in che modo sia ancora possibile acquistare il biglietto per entrare a godersi lo spettacolo.